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Bora chiara, bora scura e borino

di Stefano Zerauschek
19 Ott 2005 - 10:14
in Senza categoria
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Nella prima foto scattata dal Carso triestino, il 28 febbraio 2004: la visibilià ridottissima di una tipica tempesta di
bora chiara bora scura e borino 4302 1 2 - Bora chiara, bora scura e borino
Esistono alcune tipologie che tracciano minuziosamente le caratteristiche della bora triestina in rapporto alle configurazioni isobariche favorevoli: le due principali sono dette “bora chiara” e “bora scura”.

La bora chiara è attivata da una configurazione isobarica a prevalente curvatura anticiclonica. La disposizone delle isobare al suolo è generalmente Nord/Est-Sud/Ovest, con correnti settentrionali oltre i 1500m. La più frequente ed intensa è data dall’interazione tra un’alta pressione sulla Russia o sull’Europa centrale ed una depressione centrata sul Tirreno o sul Centro-Sud d’Italia.

Essa si presenta con cielo sereno e temperature generalmente molto rigide nella stagione invernale, le medie orarie sono inferiori a quelle proprie della bora scura, complici le relative pause tra una raffica e la successiva, ma le punte massime possono comunque raggiungere valori elevatissimi, generalmente prossimi ad i 130km/h, se in presenza di un robusto anticiclone oltr’Alpe e una profonda depressione sul Centro-Sud Italia.

La “bora chiara” è, generalmente, meno continua della “scura” perchè, essendo anticiclonica, “gode” di isobare meno strette. L’intensità massima, comunque elevata, è spiegata dall’esacerbazione dell’altro fattore, quello termico.

Con notti serene la Slovenia interna si raffredda notevolmente e le masse che creano la bora divengono molto dense; la pesantezza dell’aria, “in uscita” dalle tranquille e gelide pianure danubiane, ne spiega la violenza nella “caduta orografica” verso il mare mite.

La “bora chiara” generalmente non raggiunge, nella sua forma povera e priva delle caratteristiche originarie, la Pianura Padana.

A seguito di un fronte Nord-atlantico e successivo rinforzo pressorio, la “bora chiara” ha origine nord-europea e non è fredda, nei bassi strati, come quella originata dai flussi balcanici o russo-siberiani.

Inoltre, la configurazione isobarica che la produce non è robusta e tale tipologia di “bora chiara” ha una durata che può essere anche di poche ore.

Con un anticiclone russo-balcanico e più vortici depressionari mediterranei in continua formazione, al contrario, la “bora chiara” può essere presente su Trieste, variando l’intensità, molti giorni consecutivi,anche oltre le 2 settimane.

La “bora scura” è attivata da strette isobare di tipo ciclonico in seno ad un minimo pressorio sul Mediterraneo settentrionale. La disposizione delle isobare al suolo, in questo caso, è S/E-Nord/Ovest, ma, per deviazione di Coriolis, verso destra nella provenienza e per l’orografia locale, i flussi piegano comunque nella direzione classica E/NE-O/SO e da sciroccali tendono ad assumere i connotati tipici del più famoso vento triestino. Oltre i 1500m di quota, invece, i flussi prevalenti sono sud-orientali o pienamente meridionali.

In questi casi si hanno cieli estesamente coperti e precipitazioni, talora abbondanti se le isobare di quota hanno componenti marcatamente meridionali; in presenza di riserve fredde balcaniche nei bassi strati si possono avere anche copiose precipitazioni nevose.

Le precipitazioni nevose con “bora scura” assumono i connotati da “tempesta di neve” vera e propria, con formazione di mulinelli, scaccianeve e ghiaccio, con paralisi nella circolazione veicolare e talvolta anche in quella ferroviaria.

Gli accumuli di neve al suolo sono difficilmente misurabili o generalmente poco significativi proprio a causa del vento imponente, anche in caso di precipitazioni intense.

La durata media della “bora scura” è di 48-72 ore.

La “bora scura”, con isobare disposte da E/SE verso W/NW (fino ai 1500m), che esacerbano al massimo l’orografia locale, e complice il forte gradiente isobarico, ha una continuità decisamente superiore a quella della “bora chiara” e anche le massime raffiche assolute sono state segnate in queste condizioni meteorologiche.

In questo caso, fermo restando il cielo nuvoloso o coperto per nubi alte, le precipitazioni sono deboli a causa della secchezza dell’aria e dell’ombra pluviometrica, conseguente alle correnti orientali continentali anche a 850hpas, quota topografica ideale per la formazione delle nubi con maggior capacità precipitativa.

Le precipitazioni diventano abbondanti, talora le più abbondanti nella climatologia triestina, quando le isobare a 1500m/850hpas di quota tendono a provenire da SUD o persino da Sud/Ovest, acquistando, quindi, in termini di umidità marittima.
In questi casi, con isobare al suolo ancora orientate da E/SE o S/E e bora ciclonica di Coriolis su Trieste, si ha un marcato contrasto tra masse d’aria molto diverse tra loro, con insistenza e perseveranza dei fenomeni e formazione di temporali, anche nevosi.

Il vento in oggetto, in questi casi, diminuisce di intensità per sottrazione vettoriale, attestando raffiche non superiori ad i 70km/h e può, successivamente, trasformarsi in “borino” o in levante, preludio alla rotazione in scirocco e segno di correnti molto miti in quota.

Il “borino” soffia più spesso nelle mattinate d’estate ed in pieno inverno. Si viene a creare soprattutto per la forte differenza termica tra il Carso sloveno ed il Golfo. L’intensità maggiore si ha lungo il ciglione carsico, mentre sulle Rive di Trieste giunge leggermente attenuato ed in alcune zone dell’altipiano ovest lo si avverte pochissimo.
In inverno esso si forma in presenza di vaste distese innevate nell’entroterra sloveno, dove le temperature resistono a molti gradi negativi anche in presenza di cielo coperto. Esso è così poco spesso che non rimescola gli strati d’aria che attraversa, favorendo, in presenza di correnti miti in quota, una poderosa inversione termica al suolo. Il borino è ben noto per essere la concausa principale del gelicidio (pioggia sopraffusa che congela toccando il suolo a temperature inferiori allo 0°C), fenomeno piuttosto noto a Trieste, raro esempio sul Mediterraneo.

Nel prossimo articolo esaminerò i “record” della bora.

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