A distanza di appena 3 mesi, è tornata l’apprensione per il rischio alluvione all’estremo Sud, ancora una volta su Sicilia e Calabria, regioni che già in autunno hanno dovuto fare i conti con episodi di maltempo sconvolgenti. In mezzo vi è stata una parentesi invernale più tranquilla e poi l’emergenza neve. Il cielo è tornato seriamente a far paura, con la pioggia che sta cadendo molto abbondante: in alcune zone, nell’arco di appena 36 ore, i quantitativi pluviometrici oscillano fra i 300-400 mm. Numeri importanti, ma a parte danni, frane, smottamenti e notevoli allagamenti, per fortuna non ci sono state vittime umane ed il peggio sta per passare. Solamente un caso? Magari sì, comunque una spiegazione si potrebbe anche dare.
Bisogna premettere anzitutto che la configurazione perturbata che sta avvolgendo le estreme regioni meridionali è di quelle decisamente pericolose, contrassegnate da una profonda ciclogenesi al suolo in prossimità della Sicilia e da una circolazione che ha tutti gli ingredienti per portare maltempo estremo: si tratta delle temibili figure cicloniche afro-mediterranee, quelle che portano non di raro situazioni alluvionali. Va detto che questi scenari di marcato maltempo talvolta si possono verificare anche in questo periodo ma, pur avendo analogie con i più ricorrenti episodi perturbati autunnali, raramente si verificano conseguenze troppo tragiche. Come mai? L’energia termica a disposizione in questo periodo non è la stessa presente in pieno autunno.
In questo periodo di fine inverno, specie dopo una lunga fase rigida come quella che ci siamo lasciati alle spalle, il mare presenta le temperature superficiali più basse dell’anno. I mari del Sud presentano valori che oscillano fra i 12 ed i 13 gradi, ben più bassi di quelli con cui si ritrova ad avere a che fare in autunno, periodo nel quale il mare conserva ancora parte del calore accumulato nel corso dell’estate. Va detto che il mare non è tutto, ma costituisce una riserva importante per alimentare e dare connotati estremi a queste figure perturbate che possono generare vere e proprie bombe d’acqua. Il principale carburante, che è presente, è costituito dal filamento d’aria sub-tropicale tiepida ed umida che fornisce alimentazione al sistema perturbato.
Per rispondere alla domanda del titolo dell’articolo, che sarebbe accaduto se fossimo stati nel cuore dell’autunno? Probabilmente ci sarebbero state conseguenze tragiche ed elevata possibilità di qualche alluvione lampo, eventi tremendi ed al tempo stesso imprevedibili. Rammentiamo che le peggiori alluvioni (soprattutto le flash flood), avvenute sull’Italia, si sono quasi sempre scatenate nei mesi di ottobre e novembre, a volte anche nella prima parte di dicembre. Il fatto che i danni siano stati limitati deriva proprio dal fatto che una configurazione perturbata così insidiosa si è verificata ora quando siamo quasi a fine febbraio. La minore energia termica a disposizione, pur in presenza di svariate celle temporalesche, ha consentito alle strutture convettive di non assumere forme a V ed autorigenerarsi per ore ed ore in uno stesso luogo.
Ecco il motivo per il quale le piogge pur molto abbondanti (punte di oltre 300 mm) si sono perlopiù raggiunte distribuite attraverso piogge ininterrotte nell’arco di numerose ore, con intensità oraria che raramente è andata oltre i 25/30 millimetri. Intensità notevole, ma non quella killer delle più grosse alluvioni lampo. Tuttavia, a livello molto localizzato, i nubifragi troppo violenti si possono verificare anche in questo periodo, tra l’altro non solo al Sud. E ancora, cos’altro poteva accadere più facilmente? Sicuramente una figura ciclonica così organizzata, in pieno autunno, avrebbe potuto evolvere in un insidioso TLC (Tropical Like Cyclone): rammentiamo l’esempio di ROLF, ultimo ciclone mediterraneo verificatosi a novembre (per approfondimenti vedere qui: https://www.meteogiornale.it/notizie/tema-3-tempesta-tropicale-rolf)