Teoria che contrasta con studi precedenti, secondo i quali l’accelerazione nel processo di fusione dei ghiacci artici risulterebbe collegato al picco di ondate di freddo registrato recentemente in Europa e Nord America.
La nuova ricerca, realizzata dall’Università di Exeter e coadiuvata dall’esperto dottor James Screen, ha dimostrato che il riscaldamento dell’Artico avrebbe ridotto il rischio di eventi freddi estremi su ampie regioni dell’emisfero settentrionale. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature Climate Change e cercano di fornire delle risposte ai crescenti timori che vaste zone dell’Europa e del Nord America potrebbero essere soggette a sempre più intense ondate di gelo.
Ecco cos’ha dichiarato il Dott. Screen: “Le giornate autunnali e invernali stanno diventando sempre più calde, in media, e la variabilità termica sembra diminuire giorno dopo giorno. Entrambi i fattori riducono la probabilità di avere giornate estremamente fredde”.
Nel suo studio, il Dott. Screen ha esaminato dati climatici dettagliati per dimostrare che la variabilità termica autunno-vernina è notevolmente diminuita, negli ultimi decenni, soprattutto a latitudini medio-alte su tutto l’emisfero settentrionale. La ricerca indica nella sostituzione dei venti settentrionali con quelli meridionali la causa principale. “Le giornate fredde tendono a verificarsi quando il vento soffia da nord, portando aria artica verso sud in direzione delle medie latitudini. Poiché l’aria artica si sta riscaldando così rapidamente, i giorni freddi sono sempre meno freddi che in passato”.
Utilizzando i più recenti modelli matematici e climatici, il dottor Screen è stato anche in grado di dimostrare che questi cambiamenti continueranno anche in futuro e la variabilità termica potrebbe ridursi ulteriormente in tutte le stagioni eccezion fatta per quella estiva.