In quest’estate ha fatto notizia il caldo anomalo su tutto il Circolo Polare Artico, da cui è derivata una rapida fusione del ghiaccio con perdite a ritmi mai visti, tanto che luglio ha concluso con la più bassa estensione del ghiaccio marino da quando esiste il monitoraggio, ovvero dal 1979.
Il grafico del NSIDC (National Snow & Ice Data Center) in basso mostra il 2019 rispetto al 2012, che ha avuto la più bassa estensione assoluta di ghiaccio marino registrata nel settembre 2012. Attualmente, nonostante abbia registrato giorni bassi per periodi specifici, il 2019 è circa in linea con il 2012, il peggiore di sempre.
Quello che si registra quest’anno conferma comunque una tendenza di lungo periodo, con la progressiva riduzione di estensione del ghiaccio marino nel corso degli anni. E’ un andamento che naturalmente rispecchia quello che è l’aumento delle temperature globali.
L’aspetto meteo più interessante che si è osservato sul Circolo Polare, in questa fase di caldo estivo anomalo, è stata la presenza di un’area di alta pressione persistente molto più del normale, con l’aria fredda che si è quindi spostata verso sud.
Alcuni autorevoli studi recenti hanno trovato delle connessioni fra gravi perdite di ghiaccio nell’Artico con la maggiore probabilità di stagioni invernali più rigide nel comparto euroasiatico. Certo, ciò non è sufficiente per avere un inverno freddo in Europa, servono ulteriori dati da analizzare.
La perdita di ghiaccio nel mare artico ha dimostrato di influenzare le condizioni meteorologiche in tutto l’emisfero, anche e soprattutto attraverso la circolazione stratosferica polare, di solito la principale responsabile sull’innesco degli eventi di cosiddetto “gelo strong”.
Quests perdita di ghiaccio sarebbe così uno dei primi indicatori che l’inverno 2019/2020 in Europa potrebbe essere forse un po’ più freddo di quello a cui eravamo abituati nell’ultimo decennio. Mancano però una miriade di altri tasselli. Non mancherà che attendere le previsioni stagionali.