Nemmeno quest’oggi sono mancati i consueti temporali pomeridiani, soprattutto in alcune zone del Centro-Sud e non necessariamente a ridosso dei monti. Questa notevole agitazione instabile è dovuta al fatto che l’anticiclone delle Azzorre, proteso in direzione della nostra Penisola, deve fare i conti con l’insistenza una modesta circolazione depressionaria sui mari meridionali, più attiva in quota dove ospita aria relativamente fresca.
Un groviglio di nubi irregolari continua a roteare liberamente sulle regioni del Sud Italia, ma i temporali più vispi si sono sviluppati nelle ore più calde laddove la giornata era iniziata decisamente serena, ovvero su parte delle regioni centrali, la Campania e la Sardegna. Il riscaldamento solare è infatti il fattore di maggiore importanza per consentire l’innesco temporalesco, ulteriormente esaltato dal contrasto fra l’aria caldo-umida nei bassi strati con gli spifferi d’aria relativamente fresca che scorrono alle alte quote.
Il gradiente termico tra le alte quote ed il suolo favorisce lo sfogo temporalesco in un ambiente potenzialmente instabile, con i moti ascensionali che vanno a vincere l’azione opposta generata dalla presenza anticiclonica, proprio perché la struttura dell’anticiclone non è particolarmente robusta alle altezze superiori dell’atmosfera. La salita delle masse d’aria dal terreno surriscaldato dal sole sfrutta il profilo orografico e viene facilitato lungo i pendii montuosi: ecco il motivo per il quale il temporale termoconvettivo ha una maggiore probabilità di scatenarsi in montagna.
Eppure in quest’inizio settimana i colpi temporaleschi hanno raggiunto a più riprese Roma e Napoli, ma anche le aree a ridosso delle coste sud-occidentali della Sardegna. Lo sconfinamento dei temporali verso i litorali tirrenici viene favorito in questo frangente dalle deboli correnti orientali in alta quota: i venti non devono essere mai troppo intensi per permettersi al temporale di svilupparsi al meglio in altezza. In generale, quando il temporale giunge la sua costa, non ha più molta forza e tende a dissolversi, con la sommità del cumulonembo che si ghiaccia e non viene più alimentato dal basso.