L’eredità del mese di aprile si fa sentire in modo molto pesante: lo scorso mese è infatti trascorso quasi per intero sotto un dominio anticiclonico, che ha pertanto impedito i normali passaggi perturbati primaverili. Come se non bastasse, il clima si è arroventato assumendo a lunghi tratti delle caratteristiche estive, con caldo da record soprattutto in quota. In questo contesto l’innevamento in montagna, che già non partiva certo da una base così significativa, si è inevitabilmente ristretto.
Poco hanno potuto rimediare le poche precipitazioni cadute a cavallo fra fine aprile ed inizio maggio: deboli apporti nevosi si sono concentrati sull’Arco Alpino, a quote anche a tratti leggermente inferiori ai 2000 metri. Un contentino di scarso rilievo, dopo i danni di un aprile devastante. E se i versanti alpini italiani non possono certo ridere, anche se in qualche zona l’innevamento riesce a mantenersi quasi discreto, oltre confine la situazione appare impressionante: sulle Alpi Francesi e su quelle Svizzere le altezze del manto nevoso risultano frequentemente ai minimi storici per questo periodo.
Ed in Appennino? Poco di diverso, la materia prima ha scarseggiato anche qui ed i residui nevosi appaiono impalpabili, ridotti a chiazze. Purtroppo, in alcune delle recenti fasi perturbate lo scirocco ha elevato la quota neve troppo in alto, aumentando pertanto le difficoltà per diversi impianti sciistici. Non si è potuto sciare fin dal week-end pasquale a Capo Imperatore e ad Ovindoli, località abruzzesi dove spesso si arrivava tranquillamente a poter sciare fino al 1° maggio.