L’inverno 2003-2004 si caratterizza fino ad ora per rapidi affondi artici, che colpiscono soprattutto le regioni dei versanti orientali e il sud. Il nord, specie il nord-ovest, risultano parzialmente al riparo da queste irruzioni fredde.
I dati in nostro possesso, generalmente ricavati dai messaggi metar e synop, o da alcuni servizi meteo regionali, ci confermano che l’inverno in corso sta trascorrendo nella più classica “normalità”.
Non si tratta di un inverno gelido, né di un inverno particolarmente caldo (con le dovute eccezioni), né si hanno configurazioni particolarmente insistenti, blocchi atlantici prolungati o presenza assidua dell’anticiclone russo, che anzi semmai è la figura che latita maggiormente.
Ne risulta un inverno particolarmente dinamico, caratterizzato da una certa variabilità climatica, con nevicate molto consistenti sugli archi alpino ed appenninico e piogge altrove, che in buona parte d’Italia, hanno consentito di ridurre finanche annullare il deficit idrico che era pesante fino all’autunno scorso.
Ritornando al tempo di gennaio, notiamo che il mese, dopo un inizio caratterizzato da freddo moderato, causa una prima sferzata artica, media termica di +4.24°C sulla base di circa 90 località il giorno 5, la rimonta dell’Alta sub-tropicale ha riportato in alto i termometri raggiungendo il top il giorno 14 quando la media è stata di +11.4°C, per poi lasciare gradualmente la strada aperta a depressioni atlantiche e in ultimo ad una nuova irruzione di aria artica continentale, che ha coinvolto maggiormente le regioni dei versanti sud-orientali, condizionate anche dalla depressione presente sulla Grecia, ma, grazie al sovrascorrimento di aria umida atlantica su un preesistente strato d’aria freddo al suolo, ha prodotto perlopiù deboli nevicate anche al nord.
Le temperature raggiunte in questi giorni della terza decade di gennaio sono state particolarmente basse sulle alpi nord-orientali (-19.6°C Dobbiaco, -18.2°C Passo Resia) e sul centro-sud Italia, dove si sono raggiunti valori largamente negativi sulle solitamente miti pianure tirreniche, con la neve che ha fatto capolino fino alle porte di Roma. Ci sembrano da sottolineare di -5.2°C registrati il giorno 25 a Fiumicino, confermati sempre lo stesso giorno dai -4.9°C di Roma Urbe e dai -4°C di Ciampino. Tutto il Lazio ha vissuto una giornata particolarmente fredda.
Il freddo ha attanagliato l’Irpinia e la Basilicata, così il Molise, l’Abruzzo e la Puglia. La neve è scesa copiosa sulle Murge, ma anche localmente fin sulla costa pugliese. Ribadiamo che non ci troviamo di fronte ad un evento eccezionale, ma le temperature misurate in queste zone sono piuttosto basse e non si verificano tutti gli inverni.
La temperatura è scesa sotto lo zero a Bari e Napoli (-3.6°C il giorno 25), Lamezia Terme, Catania e Sigonella, ma a colpire sono anche le massime che per due giorni, tra il 23 e il 24, sono rimaste sotto i 10 gradi sulla costa tirrenica siciliana, da Messina a Trapani e persino a Cozzo Spadaro nel siracusano.
Ancora una volta quindi, il freddo ha colpito maggiormente il sud rispetto al nord, dove solo nel nord-est e in Romagna le temperature sono scese in modo apprezzabile, mentre al nord-ovest, la copertura nuvolosa e il respiro più mite dell’Atlantico, hanno mantenuto le temperature, specie notturne, nelle medie del periodo o poco al di sotto, tanto che Torino, durante questa irruzione fredda, ha segnato una minima assoluta di -3.3°C.
A livello nazionale i giorni particolarmente freddi sono stati quelli compresi tra il 22 e il 26 gennaio, con medie, sulla base di circa 90 località, comprese tra i +1.86°C del 23 e i +3.54°C del 22. Durante il mese di dicembre il giorno più freddo aveva avuto una temperatura media di +3.03°C, superato anche dal 24 (+2.14°C) e dal 25 gennaio (+2.75°C).
Cercheremo di approfondire in altro articolo, i motivi della scomparsa del freddo dal Nord Italia, e di valutare meglio, effettuando i confronti con le medie storiche, i numeri di questo inverno mediterraneo.