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12 aprile 1934: vento a 372 km/h al Mount Washington

di Giovanni Staiano
24 Set 2006 - 10:11
in Senza categoria
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La prima immagine mostra l'osservatorio di Mount Washington all'alba del 3 febbraio 2000, quando la temperatura era -22°C e il windchill -54°C, con un vento a 63 miglia orarie. La seconda immagine, purtroppo di non buona risoluzione, mostra la carta della pressione al suolo negli USA nordorientali alle 13 GMT del 12 aprile 1934. Fonte immagini www.mountwashington.org, si ringrazia il Mount Washington Observatory
12 aprile 1934 vento a 372 kmh al mount washington 6933 1 2 - 12 aprile 1934: vento a 372 km/h al Mount Washington
Durante una forte tempesta primaverile, il 12 aprile 1934, una raffica di vento a 231 miglia orarie (372 km/h) fu registrata sulla vetta del Mount Washington, nel New Hampshire (USA nordorientali). Questa velocità ancora adesso rappresenta il record di tutti i tempi di vento registrato in una stazione di superficie. Qui di seguito vi proponiamo la storia di quell’evento, in gran parte ricavato dagli appunti dei gestori dell’osservatorio presente sulla vetta, che raccontano in dettaglio l’esperienza del vivere una burrasca così tremenda, documentando un record straordinario.

Il 10 aprile, un martedì, il sole sorse, sulla sommità del Mount Washington (m 1917), annunciando una tipica giornata primaverile. Normalmente, il New England, ovvero il settore nordorientale degli USA, dà il benvenuto al tepore della primavera durante il mese di aprile, ma l’inverno continua sulle montagne del New Hampshire in genere fino ai primi di maggio.

Lo staff dell’Osservatorio di Mount Washington, composto da Salvatore Pagliuca, Alex McKenzie e Wendell Stephenson, stava completando il suo secondo inverno trascorso interamente sulla montagna. Essi attendevano ansiosamente l’arrivo della primavera, con le sue temperature miti e le giornate piacevolmente ventilate. Ma prima della fine della settimana questi uomini non solo avrebbero sperimentato un nuovo severo episodio di stampo invernale, ma sarebbero stati parte di una delle più tremende tempeste mai registrate. L’Osseravtaorio era stato costruito solo 2 anni prima, progettato per resistere a venti fino a 300 miglia orarie.

Il 10 aprile fu il primo giorno all’Osservatorio senza Robert Stone, un loro collaboratore che si era ferito in un incidente di sci e che era stato portato giù dalla montagna su un toboga il giorno 9 per essere sottoposto alle cure del caso. Con un uomo dello staff in meno, il lavoro certo non sarebbe loro mancato, potendo contare però sull’aiuto di un paio di ospiti, Arthur Griffin e George Leslie.

In quel giorno, una debole sistema frontale situato sui Grandi Laghi occidentali si stava lentamente avvicinando al New England. Inoltre, un altro “serbatoio” di energia era situato al largo della costa del North Carolina. Ancora più importante, una vasta fascia di alte pressioni si estendeva sull’est del Canada e l’Atlantico settentrionale. Sulla vetta di Mount Washington il 10 aprile non accadde nulla d’importante. Sul libro dell’Osservatorio è scritto “10 aprile. Un giorno perfetto, senza nubi e calmo. Foschia. “Cani del sole” alle 5.30 p.m, un fenomeno di rifrazione senza particolare importanza”.

La larga fascia di alta pressione continuò a espandersi e a rinforzarsi mercoledì 11 aprile, causando una figura di blocco sull’Oceano. Come risultato, l’energia a est della North Carolina fu obbligata a spostarsi di moto retrogrado verso nordovest, congiungendosi con il sistema che si andava sviluppando sui Grandi Laghi. Pagliuca, Stephenson e McKenzie, con i loro ospiti, si svegliarono con uno splendido sole. La stufa a carbone dell’ufficio teneva il freddo fuori dalla stanza. “Mentre godevamo una bella veduta sull’Oceano Atlantico, faticavamo a renderci conto che nelle successive 48 ore avremmo dovuto passare attraverso una delle peggiori tempeste nella storia di tutti gli osservatori” annotò Pagliuca sul libro dell’osservatorio.

Il cielo quasi sereno lasciò infatti presto il posto alle nubi, che aumentarono soprattutto nel pomeriggio. La nebbia oscurò la sommità verso sera, congelando a formare uno strato di ghiaccio. Anche i gatti dell’Osservatorio si accucciarono tutti intorno alla stufa, il posto più caldo, a metà pomeriggio. Con l’edificio alto-pressorio sempre più sviluppato a nord e ad est, un gradiente di pressione assolutamente anomalo si andava formando a nord e ad est del sistema frontale. Come è noto, un forte gradiente di pressione si traduce in un violento spostamento dell’aria dalla zona di alta a quella di bassa pressione, ovvero in forte vento

“Le note meteorologiche di oggi non dicono molto. Mostrano solo una presisone in calo, temperatura normale e vento in sensibile intensificazione. Si, rapida intensiifcazione verso valori mai immaginati” scrive ancora Pagliuca.

Già prima della mezzanotte dell’11 aprile il vento aveva infatti rinforzato sensibilmente, raggiungendo una velocità massima di 136 miglia orarie. Sebbene esso fosse già ben oltre la soglia della velocità da uragano, non c’era necessità per lo staff di rimanere svegli. Comunque Stephenson si offrì volontario per rimanere sveglio, dal momento che Pagliuca preferiva fare le misure mattutine e McKenzie era responsabile di ore e ore di test alla radio durante tutto il giorno.

“Non c’è alcun dubbio questa mattina che un super-uragano sia in pieno sviluppo”: queste le prime parole che scrisse Pagliuca la mattina di giovedì 12 aprile 1934. Dopo aver ceduto a un breve sonnellino, Stephenson si svegliò alle 4 del mattino. Sebbene rintontito, si rese conto che il vento fischiava sempre più forte, così controllò il registratore. Dovette convertire le letture al valore effettivo, secondo la curva di correzione dello strumento, e un rapido calcolo dette un valore di velocità media di “sole” 105 miglia orarie. Era meno di quanto si aspettasse, questo significava che lo strumento era parzialmente bloccato dal ghiaccio.

Stephenson si scosse, prese una mazza di legno e mise la testa fuori dalla porta. Il vento era così violento che fu sbattuto a terra appena aperta la porta. Lottò per farsi strada verso la scala. Il vento era alle sue spalle e in quella posizione lo aiutava a rimanere in piedi. Gli cadde accidentalmente la mazza e sparì nella nebbia verso la Tip Top House. Di nuovo all’interno, dette qualche colpetto al egistratore e cominciò a contare i “click” del ricevitore telegrafico. Dopo tre tentativi, verificò che il vento raggiungeva le 150 miglia orarie (241 km/h).

Tutti i tasselli si stavano riunendo per concorrere a un evento meteorologico straordinario. Sia l’alta pressione sull’Atlantico sia la depressione, con annessa perturbazione, sui Grandi Laghi orientali erano diventati più forti. Cosa ancora più importante, il gradiente di pressione tra le due figure era molto elevato sul lato nordorrientale della bassa pressione, fatto che causava venti molto forti da sudest. Ancora Pagliuca scrive “Ho interrotto tute le altre attività e mi sono concentrato sulle osservazioni. Ognuno nella casa era mobilitato come durante un attacco bellico e aveva un preciso compito da svolgere. Gli strumenti erano controllati continuamente, in particolare l’anemometro”.

Con il proseguire della giornata, il vento divenne sempre più violento. Frequenti valori di 220 miglia orarie furono registrati tra le 12 e le 13, con una raffica di 229 miglia orarie. Infine, alle 13.21 del 12 aprile 1934, fu registrato il valore record: vento da sudest a 231 miglia orarie, 372 km/h. Questo valore di velocità del vento sarebbe stato il più alto mai registrato ufficialmente sulla superficie terrestre.

“Il nostro primo pensiero fu se saremmo stati creduti. Sentii la piena responsabilità di questa misura eccezionale. L’orologio era preciso? Il metodo era corretto? La curva di calibrazione era ok? Questi sono i dubbi che Pagliuca espresse sul libro di bordo. Venti ancora fortissimi furono registrati più tardi, nel pomeriggio e in serata, poi la tempesta iniziò lentamente a muoversi verso nord e il vento cominciò a calare.

La tempesta durò solo un giorno. Cadde un po’ di neve e vi fu una severa gelata. L’anemometro usato per registrare il record era uno strumento riscaldato progettato appositamente per la stazione di Mount Washiington. Era stato costruito a Cambridge, Massachussets, e testato nella gelleria del vento del Guggenheim Aeronautical Laboratory del MIT, a Boston. Dopo la misura del vento record, l’anemometro subì una serie di test dal National Weather Bureau e la storica misura di 231 miglia orarie fu confermata nella sua validità.

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