Nei titoli abbiamo posto dei quesiti, nati dopo attente osservazioni su quello che è divenuto il clima del Continente Europeo nell’ultimo decennio. Domande alle quali non daremo una risposta (onde evitare prese di posizione a favore o dell’una o dell’altra tesi), ma che cercheremo invece di analizzare nel loro complesso.
Va subito detto che oggi, più che mai, determinati accadimenti circa il tempo meteorologico vengono quotidianamente enfatizzati dai mass media, con proclami allarmistici talvolta ingiustificati. Ecco quindi che, leggendo i nostri articoli, spesso ci si rende conto di come si cerchi di riportare il tutto dentro i canoni dell’obbiettività, quella che dovrebbe contraddistinguere ogni professionista che si occupa di dare delle informazioni su una materia talmente complessa come la meteorologia.
Fatta questa doverosa premessa, non si può certamente negare quel che si mostra agli occhi anche degli osservatori più distratti: un deciso cambiamento del clima. Sempre più spesso capita di osservare repentini mutamenti atmosferici, con fasi estremamente calde intervallate da altre più fresche ed instabili. Cosi come forse ci si rende conto di quanto sia diventato facile registrare valori di temperatura “record”, già in un mese ancora primaverile come quello di maggio.
Ora, non che non ci si debba porre qualche interrogativo sul perché tutto ciò stia accadendo, ma quel che dovrebbe destar pensiero non sono tanto i caldi o freddi numeri in doppia cifra, bensì le diverse evoluzioni che conducono a tali valori. È vero che l’estate del 2003 ha segnato una data epocale per il caldo, ma è altrettanto vero che l’origine andrebbe ricercata tempi addietro.
Quanto sono lontane le classiche estati Mediterranee, quando l’alta pressione delle Azzorre si stabiliva sulla nostra Penisola regalando tempo stabile ma piacevolmente mite, senza eccessi da caldo record. O ancora, quando l’autunno era pilotato dalla Depressione d’Islanda, con continue perturbazioni che da Ovest verso Est solcavano i nostri cieli come cadenzate dal suono continuo di un tamburo. Bene, queste configurazioni, che un tempo si davano per scontate, sono andate quasi perse, ma non scomparse.
La circolazione atmosferica ha deciso di intraprendere altre strade. Lo ripeto, le cause potrebbero essere molteplici, ma il condizionale è d’obbligo fin tanto che non verranno accettate o completate le diverse ricerche scientifiche in materia. Dalla corrente del Golfo, all’effetto serra al più complesso Global Warming. Carne al fuoco ce ne sarebbe, ma ci basta constatare ciò che accade in Europa. Non ultimi gli elevati valori di temperatura registrati in quest’ultimo scorcio di maggio, specie sul lato Centro occidentale.
Si potrebbe anche far riferimento all’estate del 2004, da molti definita “normale”. Termine adatto a rappresentare l’andamento termico, meno le varie evoluzioni atmosferiche che ne hanno permesso il raggiungimento. Si, perché già da allora eravamo alle prese con persistenti scambi termici di calore in senso meridiano, cioè da Nord verso Sud, e viceversa. Con onde calde di matrice Africana spesso bilanciate da correnti più fresche provenienti dal Nord Atlantico.
Tema ripropostosi a più riprese durante la stagione autunno-vernina appena passata, che ha regalato alla nostra Penisola uno degli inverni più nevosi che si ricordino dal 1929 in poi. Ma allora, e qui si conclude, tutto ciò rientra nell’ambito di una normale fluttuazione climatica periodica, oppure è frutto delle profonde modificazioni apportate dalla nostra civiltà moderna? Ad ognuno di voi la risposta, nella speranza che il fragile ecosistema terrestre non risenta troppo di eventuali influenze antropiche. Perché si sa, ad ogni azione corrisponde una reazione.