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Il Sole in bianco: clima e Minimo di Maunder. Parte II/a: scenario

di Stefano Di Battista
09 Mar 2009 - 07:53
in Senza categoria
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Il Tamigi ghiacciato nel 1677, in una riproduzione di artista sconosciuto. Durante la Piccola età glaciale episodi del genere furono frequenti; nel terribile inverno 1683-'84 il fiume congelò per due mesi e lo spessore del ghiaccio, a Londra, fu di circa 28 cm. In tali occasioni, venivano organizzate quelle che sono passate alla storia come River Thames frost fair (fonte: https://en.wikipedia.org)
Usando un linguaggio figurato, Edward Walter Maunder (1851-1928) paragonò le sporadiche macchie registrate nel 1645-1715 a «una guglia qui, una collina, una torre, un albero là» che, a chi osservi un paesaggio sommerso, possono permettere di ricostruirne per sommi capi i caratteri originali. Queste poche macchie segnarono, a parere di Maunder, gli anni dei teorici massimi del ciclo di Schwabe [Soon, p. 233]. Egli, riprendendo e sviluppando il lavoro impostato già nel 1887 da Friedrich Wilhem Gustav Spörer (1822-’95), classificò quel settantennio di quiescenza solare come Prolonged Sunspot Minimum e giunse alla conclusione che il numero totale di macchie fu inferiore a quello che si registra in un singolo anno di normale attività. Secondo le ricerche di Spörer e Maunder, il minimo più profondo si sarebbe prodotto nel 1672-1704, quando nessuna macchia venne osservata nell’emisfero nord del Sole [Eddy 1976, p. 1190].

Quest’opera pionieristica si fondava, in prevalenza, sulle ricognizioni effettuate col telescopio; nei decenni successivi però, sono state portate alla luce compilazioni di antichi astrologi cinesi, coreani e giapponesi, basate sull’esame a occhio nudo della superficie solare, cosa che ha permesso di integrare la documentazione esistente, nel frattempo arricchitasi di nuova memorialistica venuta a galla dagli archivi europei. Si è così scoperto un caso interessante, risalente al 1684. Per quanto debole, quell’anno l’attività magnetica produsse delle macchie nell’emisfero sud, che risultano annotate all’esame visivo del Sole già il 16-18 marzo; esse però non furono rilevate dai telescopi, poiché i resoconti astronomici si limitano a quelle apparse fra metà aprile e fine luglio [Eddy 1983, p. 197; Letfus, p. 207]. La circostanza, che evidenzia l’importanza delle fonti alternative, rende pure lecita una domanda: la lacuna del 1636-’37 è tale solo perché non sono state rinvenute relazioni astronomiche a supporto (a), o queste relazioni non esistono in quanto non c’era nulla da osservare? In altre parole: si tratta d’un vuoto documentario, oppure è indizio d’un decadimento anteriore al 1645? È stato infatti notato che «la ricorrenza delle relazioni a occhio nudo nel XVII secolo è del tutto coerente con un forte calo dell’attività solare durante il Minimo di Maunder» in quanto, dopo il 1640, il loro numero cade bruscamente e con la stessa percentuale delle osservazioni telescopiche [Eddy 1983, pp. 202-203]. Ma essendo, in Estremo Oriente, molto grande l’attenzione verso il Sole (b), se nel 1636-’37 significativi gruppi di macchie fossero apparsi, non è logico ritenere che sarebbero stati scoperti e, dunque, segnalati?

Stando a questo ragionamento, la nuova lacuna delle fonti che s’incontra nel 1640-’41, preceduta e seguita da due trienni di attività inferiore al normale, può inquadrarsi nello stadio di quiescenza del Minimo di Maunder propriamente detto? In qualunque modo sia andata, si giunge al 1645, quando il Sole va in bianco. Da questo momento, le ricostruzioni storiche indicano un importante gruppo di macchie solo nel 1660-’61, uno di minore importanza nel 1665, un terzo nel 1672-’74 e un quarto nel 1684 (ma da alcuni, quest’ultimo non è considerato di particolare rilevanza); poi, più nulla sino al 1700-’01, quando una certa attività riprende col ciclo -4.

Nella sintesi seguente è ricostruita una cronologia dei cicli di Schwabe (prima e seconda colonna) che caratterizzarono il XVII e l’inizio del XVIII secolo, accompagnati (M, in terza colonna) dall’anno del massimo presunto [Eddy 1976, p. 1200] e dal massimo (md, in quarta colonna) teorizzato da Maunder [Soon, p. 233]; a integrazione, gli anni in cui il Tamigi (T, in quinta colonna) gelò parzialmente o totalmente [Fagan, pp. 114-115 e 132; Soon, pp. 46, 51, e 76-77]; è data inoltre una cronologia alternativa (seconda colonna, tra parentesi) riferita allo stadio precedente e conclusivo il Minimo di Maunder propriamente detto [Usoskin, p. L34]:

ciclo BM-3 1611-’20 (1610-’18) M 1616 T 1618-’19, 1620
ciclo BM-2 1620-’35 (1618-’33) M 1626 T 1621, 1632-’34, 1635
ciclo BM-1 1635-’45(1633-’45) M 1640 T 1636-’38
ciclo -9 1645-’55 M 1649 T 1644-’49
ciclo -8 1655-’66 M 1660 1660 md T 1654-’57, 1663
ciclo -7 1666-’80 M 1675 1671 md T 1666-’67, 1677
ciclo -6 1680-’90 M 1685 1684 md T 1683-’84, 1684-’85
ciclo -5 1690-’98 M 1693 1695 md T 1695
ciclo -4 1698-1712 (1700-’12) M 1705 (c) 1707 md T 1709
fase catastrofe (1712-’20) 1718 md

Nell’ambito della storia del clima, è di sommo interesse notare la frequenza con cui il Tamigi gelava, indice di inverni mediamente più freddi di quelli del XX secolo. Resta il quesito: la corrispondenza è casuale, oppure determinata dalla scarsa attività del Sole?

Note
(a) A complicare il quadro, ma nel contempo a supportare questa tesi, è però la descrizione d’una macchia, o gruppo di macchie, che si rinviene nelle fang-chi (storie provinciali cinesi) del 1637, di cui non esiste traccia né nei rapporti europei, né nelle compilazioni dinastiche dell’Estremo Oriente [Eddy 1983, pp. 196-198].
(b) In Cina venivano stese anche relazioni di tipo meteorologico; col trapasso fra le dinastie Ming e Qing tuttavia, s’interruppero nel 1640-’49 circa [Soon, p. 76].
(c) Per alcuni autori il ciclo -4 ebbe un doppio massimo: nel 1705 e nel 1707 [Hoyt, p. 510].

Bibliografia
J.A. EDDY, The Maunder Minimum, in «Science», vol. 192, n. 4245 (1976), pp. 1189-1202.
J.A. EDDY, The Maunder Minimum: a reappraisal, in «Solar Physics», vol. 89, n. 1 (1983), pp. 195-207.
B. FAGAN, The Little Ice Age, New York, 2000.
D.V. HOYT, K.H. SCHATTEN, Group sunspot numbers: A new solar activity reconstruction, in «Solar Physics», vol. 181, n. 2 (1998), pp. 491-512.
V. LETFUS, Sunspot and auroral activity during Maunder minimum, in «Solar Physics», vol. 197, n. 1 (2000), pp. 203-213.
W. SOON, S.H. YASKELL, The Maunder Minimum and the Variable Sun-Earth Connection, Singapore, 2003.
I.G. USOSKIN, K. MURSULA, G.A. KOVALTSOV, Cyclic behaviour of sunspot activity during the Maunder minimum, in «Astronomy and Astrophysics», vol. 354, n. 1 (2000), pp. L33-L36.

Parte I: https://www.meteogiornale.it/news/read.php?id=19723

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