Si va aggravando il bilancio delle vittime dell’eruzione del Volcan de Fuego in Guatemala. Inizialmente le vittime erano 25, ma secondo media locali, altri 29 corpi sono stati ritrovati senza vita nella località di San Miguel de los Lotos, sepolta dalle ceneri del vulcano, dove erano già stati rinvenuti 18 cadaveri.
Il numero delle persone costrette ad abbandonare le proprie abitazioni è di 3.100. Intanto è stato riaperto l’aeroporto nella capitale, poiché si è conclusa la fase acuta dell’eruzione e il vulcano è tornato nella sua attività eruttiva normale, ma si mantiene un monitoraggio costante della situazione.
Gli effetti dell’eruzione del vulcano del Fuego in Guatemala appaiono del tutto simili a quelli del Vesuvio del 79 d.C: come successe a Pompei, la popolazione è stata investita da una nube di gas, ceneri, lapilli e blocchi di rocce, dalle temperature altissime, superiori ai 700 gradi.
A sostenere questa tesi è il vulcanologo Piergiorgio Scarlato, dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) che ha studiato sul posto questo vulcano. L’impatto di questa eruzione sulla popolazione è simile a quella di Pompei, pur con stili eruttivi dei vulcani differenti.
Il vulcano del Fuego ha generato colonne di ceneri e gas alte fino a 3-4 chilometri e flussi piroclastici, cioè una miscela di gas e materiale vulcanico. Il Vesuvio, invece, nell’eruzione del 79 d.C. generò una colonna di gas e ceneri alta fino a 20-25 chilometri che, collassando su se stessa, andò a produrre flussi piroclastici come quelli osservati al Fuego.