Le estreme variabili, in una previsione meteo, rivisitate su di una scala temporale molto ampia, ci permettono, in linea di massima, di conoscere il “tempo”, quindi non le previsioni stagionali, relative al clima del luogo (topoclima) nel quale siamo proiettati. Infine, la determinazione delle relative serie numeriche, ci permetterebbe di sapere/conoscere (all’incirca) “l’idea” di come lo stato del sistema (atmosfera) sia in grado di evolversi nel passato e nel futuro prossimo.
Ovviamente, data la moltitudine dei dati che spesso confluiscono in un sistema singolo, essi rivestono un’importanza determinante ed importante. Analisi essenziale.
Noi tutti spesso ci affidiamo al modello “x/y” per esprimere una nostra opinione, ma non badiamo quasi mai alle fasi atmosferiche che, sovente, rivestono un ruolo determinante circa il tempio che “ci aspettiamo”.
In questo discorso poco c’entrano le teleconnessioni o indici atmosferici, ma “soprattutto” una possibile evoluzione che la tropopausa possa subire/avere per effetto della “termodinamica”. La tropopausa, pur essendo essa un elemento molto “fragile”, quindi spesso incapace da diagnosticare, rimane tuttavia “l’essenza” ove gli scambi/interscambi termici si compiono durante un semestre: da una stagione calda a quella fredda.
Se “le correnti alle altissime quote”, non riescono a sortire alcun effetto, effetto di trascinamento, alle quote sottostanti, in teoria, la previsione potrebbe dichiararsi “fallimentare”.
Questa è la condizione nella quale ci troviamo.
Abbiamo attribuito un elemento “fortissimo” agli indici atmosferici, ma abbiamo riscontrato che “il sistema gassoso”, spesso, non risponde a tali leggi. Molti, nel passato, avranno assistito, per dovere di cronaca, a previsioni “made in USA” che nella loro efferata “sicumera” hanno predetto o diagnosticato il tempo del prossimo futuro. Molte sono state le “toppe clamorose!”
Il 60 % delle volte è esatto, la restante parte è assolutamente carente.
Quando avremo la sicurezza oggettiva che, quello che si svolge alle “altissime” quote potrà avere un effetto “certo” su un settore X, anche minimale, del nostro Continente, avremo ottenuto ogni possibile chiave di lettura. Allo stato attuale non la “possediamo” (di qui la diatriba tra previsioni reali e previsioni stagionali).
Attualmente non abbiamo nessuna certezza e molti fattori climatici “locali” interferiscono, non di poco, sull’andamento delle correnti fino a 500 hpa (quota storica di riferimento).
Dire che il tempo cambierà a brevissimo o nel medio/lungo termine, per una diversa disposizione degli alisei atmosferici, mi risulta parzialmente vero e non “coniugabile”, in assoluto, su quello che la stratosfera “disegna sotto”.
Nel passato feci un esempio molto elementare. Se prendiamo una colonna di acqua, racchiusa in un cilindro alto un metro ed il cui diametro è circa la metà di esso (base), sovente se iniziamo ad imprimere una rotazione (esempio antioraria) dalla cima “ideale” di questo cilindro alla base, per ovvie questioni dinamiche, non è detto che la base si comporti come “l’apice”. Molti scienziati hanno riscontrato in questo banale esperimento che, una prima rotazione forte ed impressa (ivi dinamica) all’apice porta risultati “minimali” alla base. Per assurdo causa essa una forte inerzia e non chiaramente “orientabile o decifrabile”(cfr teoria di Galileo).
Per farla breve…
Se la corda oceanica assume una struttura molto forte ed intensa, è molto probabile (70% dei casi) che nelle medie quote dell’atmosfera si “subiscano” delle rotazioni avverse e quindi “difensive”. Per concludere, e tutti noi ne abbiamo avuto dimostrazione… se a 100 hpa le correnti si evidenziano antiorarie, quindi cicloniche, non è dato certo che a 500 hpa essa abbiamo la stessa configurazione. Certo che il tempo potrebbe cambiare per effetto delle correnti “stratosferiche”, ma molto spesso “l’affare” risulta come lanciare un sasso in uno stagno “inerte”.