I grossi centri meteo, che dispongono di notevoli risorse sia umane sia di calcolo, hanno sviluppato e fanno girare ogni giorno i modelli globali. Tra questi il Centro Europeo (ECMWF, modello omonimo) e l’analogo statunitense (NCEP, modello GFS o MRF o AVN). I modelli globali, come dice la parola stessa, integrano le equazioni della fisica dell’atmosfera sull’intero globo terrestre (o su di un emisfero), producendo previsioni anche a range temporali lunghi.
Per avere invece previsioni più dettagliate su aree ristrette si utilizzano i LAM (Limited Area Model) ovvero modelli ad area limitata. Questi modelli vengono guidati dai modelli globali, nel senso che da essi prendono la condizione iniziale e le condizioni al contorno. Infatti, i LAM, lavorando su un’area limitata, non sono in grado di conoscere ciò che avviene a scala planetaria al di fuori di essa. Il modello globale gli fornisce quindi questa informazione mancante. Per fare un esempio, consideriamo un LAM che gira sull’Europa. Se dopo 24 ore dall’inizio del run, un ciclone, muovendosi dall’Atlantico, giunge nell’area coperta dal LAM, sarà compito del modello globale passare questa informzione.
Se nei modelli globali si parla di risoluzioni orizzontali che arrivano sino a circa 50 km (miglioramenti sono però già alle porte), nei LAM si utilizzano grigliati ben più fini, diciamo dai 20 km sino a pochi km. Man mano che aumenta la risoluzione, devono diventare più dettagliate e precise le descrizioni dei fenomeni fisici. Potenzialmente quindi si migliora la previsione, ma diventano anche superiori le esigenze di calcolo. Inoltre, se si vuole integrare un modello con passo di griglia di 20 km su un’area di 2000×2000 km, si avranno, per ogni livello verticale, 100×100 = 10000 punti. Ma se si vuole fare lo stesso con un modello a risoluzione 10km, allora si avranno 200×200 = 40000 punti in cui risolvere le equazioni!!! (raddoppiando la risoluzione, quadruplicano i punti). Di conseguenza, a parità di tempo di calcolo, sarà necessario integrare i modelli ad alta risoluzione su aree via via più piccole.
Normalmente si utilizza il procedimento di “nesting” (nidificazione) per spingersi ad alte risoluzioni. Ad es. si gira il modello (chiamiamolo padre) a risoluzione 20 km sull’area 1, guidato dal modello globale. Poi sull’area 2 si gira il modello (chiamiamolo figlio) a risoluzione 6-7 km, guidato dal padre. Infine sull’area 3 si gira il modello a più alta risoluzione, diciamo 2 km, guidato dal figlio.
E’ prassi comune girare i LAM solo per tempi limitati, generalmente non si superano le 72 ore. Ciò non è una semplice questione di tempi di calcolo o pesantezza computazionale, ma è legato al fatto che i LAM, a differenza dei modelli globali, non sono indipendenti, ma vengono forzati ai contorni. Per un LAM a 20 km su un dominio europeo, si può essere certi che quanto avviene entro il dominio di integrazione entro 72 ore sia frutto del LAM stesso, cioè sia sviluppato dalla fisica del LAM. Se si va a tempi più lunghi, invece, le informazioni passate dal modello globale attraverso le condizioni al contorno, tendono ad “invadere” il dominio. Asintoticamente, il LAM quindi sarà quasi una copia, molto simile, del modello globale e non avrebbe quindi senso utilizzarlo per tempi lunghi (lo stesso discorso vale per un LAM “nestato” dentro un altro LAM). Più il dominio di integrazione del LAM è piccolo, più breve sarà il tempo necessario alle condizioni al contorno per “invadere” l’intero dominio. Siccome per limitare i tempi di calcolo, ad un aumento della risoluzione del LAM consegue un restringimento dell’area, allora LAM ad altissima risoluzione girerarnno per tempi brevi. In pratica, LAM a 20km girano per 72 ore, LAM a 6-10 km girano per 48 ore, LAM a 1-3km girano per 24-36 ore.
Per una spiegazione sulla differenza tra LAM idrostatici e non idrostatici fare riferimento al seguente articolo:
https://www.meteogiornale.it/news/read.php?id=10157