Parliamo di un tempo molto lontano, ma dai 5 ai 6 milioni di anni fa il Mar Mediterraneo arrivò pressoché a prosciugarsi, con il livello delle sue acque che subì un drastico abbassamento fino a due chilometri, nell’evento noto come “crisi di salinità del Messiniano”. Lo stretto di Gibilterra era chiuso, ma quest’eccezionale evaporazione avvenne in seguito a uno sconvolgimento climatico dalle cause non ben note. Lo scenario è stato elaborato, grazie a un modello, dal gruppo dell’università di Ginevra, coordinato dall’italiano Pietro Sternai, con studio pubblicato sulla rivista Nature Geoscience.
Quando il Mediterraneo arrivò a toccare un livello così basso, presentandosi quasi completamente secco (tanto che si poteva arrivare a piedi dalla Sardegna al Nord Italia), nel sottosuolo il magma si espandeva e scatenava una serie di violente eruzioni vulcaniche in varie zone tra Italia, Egeo, Turchia, Siria, Marocco e Spagna meridionale. Analizzando taluni sconvolgimenti climatici del passato, era noto che l’attività vulcanica sulla terraferma si riduce quando lo scioglimento delle calotte glaciali fa salire il livello degli oceani. Non si sapeva cosa invece poteva succedere quando il livello del mare s’abbassa.
A seguito del crollo repentino del livello del Mar Mediterraneo, si creò una decompressione del manto terrestre per il minor preso sulla crosta terrestre, influenzando il magma che trovò il via libera per dar luogo ad una serie di eruzioni. Quel che resta oggi di questa vivace attività vulcanica sono intrusioni di magma a bassa profondità, incastrate nella crosta terreste sotto l’Isola del Giglio e l’Elba, in Toscana. In Grecia, il vulcano di Santorini potrebbe essere considerato come il “successore” di uno di quegli antichi vulcani.