Il risveglio del vulcano Agung ha messo in allarme l’isola di Bali, al punto che circa 100 mila persona sono state evacuate mentre il principale aeroporto della zona ha chiuso costringendo 120 mila turisti a restare nell’isola.
Oltre alle naturali preoccupazioni per la popolazione, la comunità scientifica sta seguendo con grande attenzione la situazione perché un’eventuale grande esplosione potrebbe proiettare in atmosfera un’enorme nuvola di cenere e gas con probabili effetti sul clima del pianeta. Questo stesso vulcano, è bene rammentarlo, già nel 1963 causò in significativo raffreddamento globale che durò almeno un paio d’anni.
Altre esplosioni, passate alla storia come ad esempio quella del Monte St. Helens del 1980 (l’eruzione più disastrosa nella storia degli Stati Uniti) non hanno avuto lo stesso impatto climatico. Perché un’eruzione di questo tipo possa modificare il clima del pianeta, la nube di cenere e gas deve necessariamente raggiungere la stratosfera, ovvero quella parte dell’atmosfera dove verrebbe ostacolato il passaggio dell’energia solare.
L’Agung si trova in una zona del pianeta che per la sua latitudine avrebbe una stratosfera a quote maggiori rispetto ad esempio alle regioni polari. Ciò significa che per avere eventuali influenze climatiche dovrebbe verificarsi un’esplosione violenta come quella del 1963.