Il mese di febbraio del 1956 è ricordato in Italia ed in varie zone d’Europa come il più gelido di tutto il XX secolo.
Dopo due mesi complessivamente miti, e piuttosto piovosi, il terzo mese della stagione invernale riservò il freddo più intenso che la nostra Penisola abbia mai conosciuto nel Secolo scorso.
Molto spesso succede che in Italia, dopo un Inverno mite, gli appassionati della neve, sperino nel termine del supplizio che deriva dall’attesa di una nevicata nella propria città. Ma nel 1956, epoca in cui la diffusione delle previsioni meteo era limitata, e ovviamente non c’era neppure internet, avvenne l’impensabile.
I contadini auspicavano l’arrivo precoce della primavera, cosa normale dopo un inverno abbastanza mite, ma piovoso.
Eppure stava per abbattersi una tempesta di neve e di gelo veramente eccezionale, tanto da mettere in seria difficoltà un Paese con prevalente attività agricola, e con scambi di beni ancora piuttosto limitati.
Quando si verificò questa tempesta di neve, oltre a paralizzare completamente la circolazione del Centro Italia, si bloccò
anche l’approvvigionamento alimentare di molte città e paesi di alta collina o di montagna, mettendo a rischio fame la popolazione di gran parte d’Italia.
Mentre nel Febbraio del 1929 la tempesta di neve colpì in modo particolare il Nord Italia e parte del Centro, nel 1956 i centri del freddo e della neve furono localizzati sul Centro Italia e sul Sud, in particolare su Lazio, Toscana centro meridionale, Marche, Abruzzo e Molise, e parzialmente Campania, Basilicata e Puglia, la Sardegna, assumendo così delle caratteristiche ed entità tali, che la popolazione era impreparata ad un simile evento.
Gelarono molti torrenti, ghiacciarono le tubature, le fontane. Le lavandaie non poterono recarsi per settimane a lavare ad esempio. Nelle città dove gli impianti di riscaldamento erano alimentati tra carbone e gasolio, iniziarono a mancare gli approvvigionamenti.
In centri minori, ma poi anche maggiori, mancò l’energia elettrica per giorni e giorni. Le strade erano impercorribili. L’Italia che usciva dal trauma della seconda guerra Mondiale visse un evento drammatico che ebbe dei contraccolpi anche nell’economia che iniziava a vivere quel boom che esplose poi negli anni ’60.
Molte fabbriche dovettero chiudere per settimane per mancanza di materie prime. Gran parte dei cantieri edili, spesso ancora occupati nella ricostruzione dell’Italia, si fermarono.
L’Italia fu come sequestrata da una morsa di neve e ghiaccio che a memoria d’uomo non si ricordava.
Di certo all’epoca lo stile di vita era molto meno esigente di quello a cui siamo attualmente abituati, ed i disagi furono meglio sopportati. Non c’era la Protezione Civile a lanciare allerte meteo, non c’erano i satelliti meteorologici disponibili ora.
Immaginatevi un pò che cosa fu quel gelido Febbraio. La gente si sentiva impotente di fronte alla massa di neve che giorno dopo giorno bloccava gli usci delle case, che appesantiva i tetti. Il traffico ferroviario subì importanti blocchi: i muri di neve che coprivano le rotaie erano insuperabili.
La neve cadde su tutta l’Italia, in quell’inverno che sino ad allora era stato mite e che non faceva presagire affatto un estremizzazione del clima così violenta.
In quel periodo si passava dalla neve al gelo. In Val Padana si raggiunsero i -30°C. Ma i -25°C furono misurati da varie stazioni meteo anche dell’Italia centrale di valle.
La neve copriva tutta la Sardegna, cadde abbondante anche su Napoli, oltre che su Roma.