Riprendiamo il nostro viaggio in Islanda da Hofn, l’unico nucleo con caratteristiche cittadine (malgrado i 1500 abitanti) di tutta l’area sud-orientale del paese. La costa si fa molto frastagliata e la strada talvolta la abbandona salendo di poche centinaia di metri, stretta e tortuosa, in paesaggio già montano, attraverso lande disabitate.
Dopo Djupivogur si percorre tutta la costa del bel Berufjordur, ma poco dopo la Ring Road si addentra nell’interno e rivedrà il mare solo ad Akureyri. Si sale fino ai 470 metri del Briddalssheidi, tratto questo soggetto a frequenti chiusure invernali per le forti bufere di neve.
Egilsstadir si trova a 27 km dalla località costiera di Seydisfjordur, un tempo importante centro, tuttora approdo dei traghetti provenienti da Norvegia e Danimarca, che hanno però ovviamente perduto importanza, a vantaggio del trasporto aereo, con conseguenza decadenza e spopolamento della cittadina.
Dopo Egilssatdir inizia un tratto di 175 chilometri senza un solo centro abitato. Si attraversa il Geitasandur, deserto di cenere e pomice provenienti dalle eruzioni dell’Askja. Giunti a Grimsstadir troviamo due importanti bivi. A destra la strada 864 segue il corso del fiume Jokulsa a Fjollum. Questa è un’area a Parco Nazionale, caratterizzata dal profondo canyon che il fiume ha scavato nel tavolato roccioso originato dal sovrapporsi delle colate laviche. Il fiume forma anche la cascata Dettifoss, salto di 40 metri con portata fra 200 e 1500 mc/sec. A sinistra invece una pista nel deserto permette di raggiungere il vulcano Askja, la cui eruzione del 1875 devastò queste zone, il cui cratere è oggi occupato dal Lago Oskjuvatn. Dopo il vulcano la pista prosegue costeggiando il versante nord-ovest del Vatnajokull.
A Reykjahlid i 175 chilometri di nulla terminano. Questo piccolo insediamento è sulla sponda del Lago Myvatn, al centro di una zona fra le più interessanti dell’Islanda, con numerosi fenomeni di origine vulcanica e interessanti ambienti naturali. Fra i primi la spaccatura della Storagja, quella, ancor più lunga, della Grjotagja, l’area geotermica di Namaskard, punteggiata di piccoli crateri e pozze di fango ribollente di colore azzurrognolo, e l’area vulcanica di Krafla, con intenso sfruttamento dei potenti getti di vapore per l’energia geotermica; qui il Lago Viti occupa un cratere creato da una eruzione nel 1729 e rimasto colmo di fango bollente per oltre un secolo.
Climaticamente la distanza dal mare rende il clima più continentale. A Reykjahlid abbiamo (temperature tutte in °C) -4,8° in gennaio, -0,3° in aprile, 9° in luglio e 1,2° in ottobre (media annua 1,4°), condizioni molto più severe che sulle coste. Le precipitazioni, nevose da ottobre a maggio ma talvolta anche in estate, ammontano a soli 435 mm/anno, con massimo nei mesi estivi e autunnali (45-50 mm da luglio a ottobre) e minimo in maggio (20 mm).
Superato il fiume Laxa, pescosissimo (i salmoni lo risalgono sino al Myvatn), dopo pochi chilometri ecco il fiume Skjalfandafljot, alimentato dal Vatnajokull, che forma la Godafoss (cascata degli dei); il dislivello è modesto, ma la bellezza della cascata e nel volume d’acqua e nella forma ad anfiteatro.
La Ring Road ricomincia a sentire il profumo del mare, non più però il mite Atlantico. Ora siamo infatti sulla costa nord e qui in inverno il gelo la fa da padrone. Il tempo di ammirare il panorama dell’Eyiafjordur e siamo ad Akureyri, che si trova alla sua estremità meridionale.
E’ questa la seconda città del paese; la sua importanza è recente (nel 1890 contava 600 abitanti), essendo cresciuta quale centro di servizi per il nord del Paese. Il clima in inverno è molto più rigido che nel sud. Abbiamo -2,1° in gennaio, 1,4° in aprile, 10,8° in luglio, 2,9° in ottobre (ma già i 7,0° di settembre ci dicono come sia breve l’estate), 3,3° di media annua. Le precipitazioni, nevose da ottobre ad aprile (talvolta anche in maggio), ammontano a 482 mm/anno, con massimo da ottobre a gennaio (50/55 mm) e minimo in maggio (18 mm) e giugno (25).
Trenta minuti di volo da Akureyri permettono di raggiungere Grimsey, isoletta a nord, tagliata dal Circolo Polare, nota per le molte specie di uccelli che vi nidificano. Relativamente più mite d’inverno (gennaio -1,3°, febbraio -1,7°), Grimsey paga pegno in estate raggiungendo solo i 7,9° in luglio. Ancora più scarse le precipitazioni: 400 mm/anno, con massimo in settembre e ottobre (47 mm) e minimo in maggio/giugno (circa 20 mm).
Lasciata a destra la strada costiera, la Ring Road torna nell’entroterra salendo a quota 535, per poi riscendere a Varmahlid (nei pressi la fattoria di Glaumbaer, trasformata in Museo, ricostruisce le condizioni di vita in Islanda nel XIX secolo). Ancora saliscendi, di nuovo il mare a Blonduos (poco prima si riallaccia alla Ring Road una strada, che è il seguito della pista che traversa l’interno per il Langjokull e Hveravellir, di cui abbiamo parlato nella prima parte).
Ancora una novantina di chilometri e a un bivio a sinistra inizia la strada per i fiordi occidentali, quella caratteristica e frastagliata protuberanza costituita da territori prevalentemente montuosi, dal clima molto rigido, esposti alle correnti artiche e con i fiordi spesso gelati in inverno, con spesso nubi basse dovuti alla condensazione dell’aria marittima, già fredda, al primo risalire sui pendii montuosi. Il punto più occidentale è anche il più spettacolare: le scogliere di Latrabjarg, lunghe oltre 10 chilometri, alte fino a 500 metri sul mare, disseminate di nidi di uccelli marini.
La Ring Road torna invece nell’entroterra, verso il Passo di Trollakirkja (m 400), zona sottoposta a frequenti bufere di neve invernali, con conseguenti problemi di transitabilità. Si lascia a destra un’altra diramazione per i fiordi occidentali. Più oltre un bivio a sinistra permette di risalire la valle del fiume Hvita, a scoprire prima la cascata di Hraunfossar, poi un’ altra meraviglia geologica, l’area lavica di Hallmundarhraun e i vicini tunnel di lava di Surtshellir e Stefanshellir, originati da ingrottamento di flussi di lava fluida in una massa già in fase di solidificazione. A Bogarnes si torna sulla costa ovest; poco più in la bivio per Akranes, importante porto di pesca, da cui si potrebbe raggiungere Reykjavik in traghetto. La Ring Road prosegue invece costeggiando il pescoso Hvalfjordur.
30 km prima di Reykjavik si incontra il bivio per Thingvellir, il Parco Nazionale, di cui abbiamo già parlato nella prima parte, con la spaccatura Almannadja, il Logberg, la storica roccia ai piedi della quale l’Althing, assemblea parlamentare islandese, si è riunita la prima volta nel 930 (e ha proseguito a farlo fino al 1798), il Lago Thingvallavatn e altri motivi di interesse.
Quando si torna a Reykjavik sono stati percorsi 1423 km, deviazioni escluse, che possono non sembrare tantissimi, ma lo diventano se pensiamo che la strada è spesso stretta e tortuosa, in alcuni tratti non asfaltata, e che in caso di maltempo la prudenza non è davvero fuori luogo.
Siamo al termine del nostro viaggio immaginario in questo paese. Per chi avesse in mente di intraprenderlo sul serio ecco alcune informazioni.
Per recarsi in Islanda è sufficiente la carta d’identità, però i minori di 15 anni devono essere iscritti sul passaporto di almeno un genitore.
I collegamenti aerei con l’Italia sono curati dalla compagnia aerea Icelandair (www.icelandair.net), che effettua più voli settimanali nel periodo estivo, con calendario in continua evoluzione da un anno all’altro.
Strade e veicoli: a parte le consuete norme per cinture di sicurezza e seggiolini omologati per bambini, occorre prestare massima attenzione nella circolazione sia sulla Ring Road, solo in alcuni tratti paragonabile alle stradi statali europee, sovente invece stretta e sconnessa, sia soprattutto sulle strade secondarie, spesso sterrate, talvolta con qualche guado. Le strade con 2 cifre sono di seconda categoria, in genere discrete, quelle a tre cifre cominciano talvolta ad avere qualche problema di transitabilità per veicoli a due ruote motrici. Le piste dell’interno poi, contraddistinte dalla F, sono percorribili, in estate, solo da fuoristrada; presentano spesso guadi profondi ed è meglio viaggiare in convoglio. Verificare comunque sempre la percorribilità delle piste prima di affrontarle. Evitare di aspettare di essere in riserva per rifornirsi perché le stazioni, a parte le zone urbanizzate, sono molto distanziate tra loro. Per informazioni sulla viabilità www.vegag.is, mentre per notizie meteorologiche www.vedur.is.
Ricettività: nessun problema, a parte i costi elevati, nelle città, dove l’offerta alberghiera è abbastanza abbondante. Nell’interno occorre un certo spirito di adattamento; molte strutture sono piuttosto modeste, spesso senza sevizi in camera. Sono sorti nel paese numerosi Hotel estivi (gli Hotel Edda, www.edda.is), che utilizzano gli edifici scolastici nel periodo di vacanza. In forte espansione anche l’agriturismo, ovvero i soggiorni in fattoria. Prezzi sempre comunque elevati per i nostri standard. Ulteriori informazioni su Internet su www.islanda.it, www.icetourist.is e www.arctic.is/itn.