L’estrema brevità dell’estate antartica è un dato di fatto sorprendente e inatteso all’epoca della conquista del Polo Sud (1901-’13). Scrisse Robert F. Scott: nessuno al mondo avrebbe potuto prevedere le temperature e le superfici che abbiamo incontrato in questo periodo dell’anno. È chiaro che queste circostanze appaiono improvvisamente, e il nostro disastro è certamente dovuto a questo avvenimento improvviso di tempo rigido, che non sembra trovare alcuna ragione esauriente (marzo 1912).
Per alcuni autori, la stagione effettiva dura solo una trentina di giorni, a cavallo fra dicembre e gennaio [Schwerdtfeger, p. 27]. In questo periodo (16 dicembre – 15 gennaio) ad Amundsen-Scott la media raggiunge i -26,3 °C; appena due settimane dopo, con la prima decade di febbraio, la media è già scesa a -36,0 °C.
È dunque dalla terza decade di gennaio, quando il sole declina sull’orizzonte, che si realizza il raffreddamento. Questa pronunciata discesa è posta all’origine della tragedia che funestò la Terra Nova Expedition (1910-’13). Qualche autore ha interpretato come straordinaria contingenza le avverse condizioni meteorologiche affrontate da Scott e dai suoi uomini sulla via del ritorno, specie fra il 25 febbraio e il 19 marzo 1912. Ma, per quanto attiene il periodo 13-23 gennaio 1912, quando la spedizione soggiornò nella regione del Polo Sud (entro gli 89° S) registrando una media delle temperature minime di -23 °F (-30,6 °C) [Solomon 2001, pp. 218-219], tale valore* risultò di poco inferiore alla norma delle minime di Amundsen-Scott (1958-2002: -29,8 °C).
La media delle minime presenta un’accentuata differenza fra Amundsen-Scott e Vostok; come si può rilevare dall’istogramma relativo (clickare sulla prima immagine a sinistra dell’articolo per aprire il grafico corrispondente), essa è di 8,8 °C a dicembre e di 7,9 °C a gennaio. Ancora una volta si nota una certa inerzia nel raffreddamento delle parti più elevate del Plateau Antartico, mentre al Polo Sud geografico i sintomi del decadimento termico a gennaio sono già evidenti; ciò significa che l’albedo sta qui apportando i suoi primi effetti.
La media delle massime mostra invece tutt’altra evoluzione (seconda immagine, clickare per ingrandire). Si ponga attenzione alla scala dell’ordinata: lo scarto fra Amundsen-Scott e Vostok è contenuto in 0,7 °C. È dunque in tale frangente che eccezionali avvezioni di aria marittima, sostenute da intensi venti di superficie, possono spingere verso l’alto i termometri, fino ai valori estremi cui si è fatto cenno.
A questo punto, ordinando in senso decrescente le cinque temperature più alte raggiunte a Vostok (VOS) e ad Amundsen-Scott (SPO), altre particolarità vengono a galla:
11.01.2002 -12,2 °C (VOS)
06.01.1974 -13,3 °C (VOS)
27.12.1978 -13,6 °C (SPO)
12.12.2005 -13,9 °C (SPO)
14.12.1984 -14,0 °C (SPO)
13.12.2005 -14,1 °C (SPO)
26.12.1978 -14,4 °C (SPO)
13.01.2005 -14,6 °C (VOS)
27.12.1978 -15,7 °C (VOS)
26.12.1989 -16,0 °C (VOS)
La prima è data dal fatto che ad Amundsen-Scott tutti i valori sono stati registrati a dicembre** mentre, tendenzialmente, a Vostok cadono in gennaio o negli ultimi giorni di dicembre. La seconda, che le temperature limite di entrambe le basi sono comprese, o a ridosso, di quel mese (16 dicembre – 15 gennaio) indicato in apertura come cuore dell’estate antartica.
Questa breve disamina però, di per sé non risolve la circostanza per cui a Vostok siano state rilevate massime assolute superiori, seppur di poco, a quelle di Amundsen-Scott. Escludendo errori e sovrastime (capitolo, questo, denso di considerazioni), e sottacendo anche possibili occorrenze casuali, sulla scorta degli elementi fin qui emersi si può, in via ipotetica, pensare che il Plateau Antartico orientale, più esposto alle ingerenze cicloniche provenienti dall’Oceano Indiano, offra in gennaio (per albedo e bilancio radiativo) condizioni fisiche più consone al rialzo dei termometri. Va infatti notato che se Vostok fosse alla stessa quota di Amundsen-Scott, il valore dell’11 gennaio 2002***, sottratto il coefficiente adiabatico medio, corrisponderebbe all’incirca a -8,3 °C; il 12 gennaio invece, quando l’intensa avvezione che aveva riguardato Vostok raggiunse anche il Polo Sud, la massima di Amundsen-Scott si fermò a -14,8 °C.
Note
(*) Per completezza va aggiunto che la spedizione rilevò due serie di temperature: oltre a quella citata, ottenuta solo con strumentazione ventilata, si calcolò pure una media che includeva i dati misurati dai termometri sotto le slitte; tale secondo valore fu di -24,1 °F (-31,2 °C) [Solomon 1999, p. 13014] .
(**) In verità un valore di -14,4 °C, pari al quinto in graduatoria, ad Amundsen-Scott venne misurato pure il 12 gennaio 1958.
(***) Nel gennaio 2002 la regione di Vostok fu interessata da ripetuti fronti caldi [Aleksandrov, p. 18]. Nell’episodio specifico i venti, stando ai rilevamenti sinottici della successiva tabella, presentarono rotazione anticiclonica:
10.01.2002 0600 UTC 360°
10.01.2002 1200 UTC 340°
10.01.2002 1800 UTC 300°
11.01.2002 0000 UTC 290°
11.01.2002 0600 UTC 180°
11.01.2002 1200 UTC 60°
La massima di -12,2 °C fu registrata fra 0000 e 0600 UTC. La norma termica di questi rilevamenti sinottici a gennaio (1958-2008) è la seguente:
0000 UTC -34,6 °C
0600 UTC -29,4 °C
BIBLIOGRAFIA
Y.I. ALEKSANDROV, Meteorological Conditions in Antarctica in January – March 2002, in V.V. LUKIN (a cura di), «State of Antarctic Environment» (Quarterly Bulletin n. 18), San Pietroburgo, 2002, pp. 18-23.
W. SCHWERDTFEGER, Weather and Climate of the Antarctic, Amsterdam, 1984.
S. SOLOMON, C.R. STEARNS, On the role of the weather in the deaths of R.F. Scott and his companions, in «Proceedings of the National Academy of Sciences», vol. 96, n. 23 (1999), pp. 13012-13016.
S. SOLOMON, The Coldest March, New Haven, 2001.
Parte I: https://www.meteogiornale.it/news/read.php?id=19201