Le dinamiche atmosferiche tra il Nord America e l’Europa non smettono mai di sorprendere. Domenica 1° marzo, giornata d’esordio della Primavera meteorologica, è comparso improvvisamente un vero e proprio uragano artico. La struttura si è sviluppata tra il Mare di Barents e il Mare di Norvegia e la domanda che sorge spontanea è la seguente: come può formarsi un uragano in acque gelide?
Le risposta è semplice, più di quanto possa sembrare. Non sono soltanto le acque tropicali ad avere meccanismi termodinamici basati sul rilascio di calore latente, anche in acque così fredde (all’interno del circolo polare artico) si possono formare sistemi di bassa pressione con carattestiche del tutto assimilabili agli uragani, anche se ovviamente non sono veri cicloni tropicali.
La somiglianza più evidente è la struttura nuvolosa, ovvero nubi generate da una convezione più o meno profonda e organizzate a spirale attorno a un’area priva di nuvole che assume la forma di un “occhio”. Ecco perché sono chiamati uragani artici, sebbene non debbano essere confusi con i cicloni tropicali associati a masse d’aria molto più calde e umide.
Questi vortici convettivi a mesoscala si formano su acque molto fredde ad alta latitudine. Nonostante condizioni apparentemente sfavorevoli, queste strutture hanno meccanismi simili a quelli dei cicloni tropicali soprattutto nel rilascio di calore latente da parte della convezione che va a generarsi all’interno della massa d’aria così instabile.
A differenza dei “cugini” tropicali, il nucleo caldo dell’uragano artico è relegato a ridosso della superficie terrestre. Significa che si estende in verticale come succede nei veri cicloni tropicali.
Il fatto più sorprendente è la temperatura delle acque superficiali in cui è stato osservato: tra 2°C e 5°C. Ricordiamoci che quando si parla di cicloni tropicali si fa riferimento a specchi d’acqua con temperature superficiali comprese tra 24°C e 26°C (non mancano le eccezioni chiaramente).
Ciò che succede a queste latitudini è che le masse d’aria possono diventare così fredde che la differenza di temperatura tra aria e acqua è sufficiente a produrre l’instabilità atmosferica necessaria allo sviluppo di zone cicloniche. Al centro del ciclone è stata stimana una pressione di circa 986 hPa, quasi l’equivalente di un uragano di categoria 1.