Il riscaldamento globale rischia di avere conseguenze ancora peggiori sul futuro climatico che ci attende nei prossimi decenni. Circa un terzo del carbonio presente sul Pianeta, intrappolato nel Mar Glaciale Artico sotto forma di metano e CO2, è sul punto di liberarsi in atmosfera.
Il metano è un potente gas serra venticinque volte più dannoso della CO2 ed è una vera e propria bomba ad orologeria in quanto il permafrost si sta sciogliendo rapidamente. In tal modo, il metano intrappolato in bolle al suo interno, inizia così a fuoriuscire.
Questo rilascio verso l’atmosfera sta fortunatamente avvenendo a ritmi non significativi, in base ad un recente studio pubblicato su Science Advances. Inoltre, per fortuna, questo fenomeno rimane confinato, senza essere così ancora rilevante a livello globale. Ma nei prossimi decenni il tutto si aggraverà.
Tramite una strumentazione avanzata, il team di ricercatori ha dimostrato l’esistenza di alcuni hotspot in cui le emissioni di metano mostrano picchi fino a 25 volte più elevati rispetto alla media ed è riuscito per la prima volta a mapparli con precisione nei Mari di Laptev, dei Ciukci e della Siberia orientale.
Ma perché il permafrost si sta sciogliendo a ritmi sempre più rapidi? Basti pensare che la temperatura media annua nel Circolo Polare Artico è passata dai -2°C del 1880, ai circa +1.75°C di fine 2019. Purtroppo questa è l’area che più risente del riscaldamento globale.
Ci sono circa 1600 miliardi di tonnellate di carbonio disseminati su un’area di 22.8 milioni di chilometri quadrati. E’ il totale di quanto è contenuto nel permafrost, una delle maggiori riserve naturali di metano del pianeta.
Il permafrost non è altro che quel terreno ghiacciato lontano ricordo dell’ultima glaciazione cominciata nel Pleistocene e terminati 11 mila anni fa. Il gas bloccato nel permaforst è prodotto dalla decomposizione anaerobica di materia organica, come ad esempio parti vegetali o anche resti animali decomposti.