In quella che è stata un’estate drammatica per l’Artico, lo scioglimento del ghiacciaio Okjökull dopo 700 anni conferma l’emergenza climatica. Quella che era una distesa bianchissima che pareva immortale, estesa per ben 16 km quadrati, è stata dichiarata morta verso la della scorsa estate, perdendo lo status di ghiaccio.
Ora ciò che rimane su una distesa di terra arida è una targa dal valore simbolico, che altro non è che un monito di ciò che gli scienziati sostengono da tempo. Questo sarà solo il primo di una serie di ghiacciai che si scioglierano per le conseguenze del cambiamento climatico.
Il ghiacciaio Okjökull si è ritirato rapidamente, dal 1986 a oggi, e lo confermano le immagini satellitari a causa delle temperature estive sempre più alte che minacciano gli altri circa 400 ghiacciai islandesi che rischiano di fare la stessa fine nei prossimi 200 anni.
In un secolo l’Okjokull è passato da un’estensione di 16 chilometri con uno spessore di 50 metri nel 1890 fino a coprire nel 2014 un’area ridotta ad un chilometro quadrato, con uno spessore ridotto a una quindicina di metri.
Ora dall’alto si vedono sporadiche macchie bianche, simili alle chiazze di ghiaccio sempre più rare d’estate in alta quota anche sulle nostre Alpi. Eppure appena un anno fa, tra l’autunno 2017 e l’autunno 2018, i ghiacciai islandesi avevano temporaneamente arrestato il loro arretramento.
I dati satellitari sull’estensione del ghiaccio marino artico avevano mostrato dall’estate come questo 2019 potesse superare il record negativo del 2012, nel periodo di monitoraggio costante iniziato dal 1979. Alla fine il record si è solo sfiorato.
il ghiaccio è fondamentale per il bilancio energetico della Terra: queste enormi superfici bianche lavorano per riflettere i raggi del sole nell’ambiente, mantenendo le temperature miti. Questo scioglimento sempre più rapido dei ghiacciai potrebbe amplificare, come in un corto circuito, questa crisi climatica.