Era poco più d’un mese e mezzo fa, l’8 febbraio inizio della stagione di transizione, quando sul Plateau Antartico veniva infranta la soglia dei -50 °C. Alla vigilia del semestre invernale, il 26 marzo, è stata superata anche la soglia dei -70 °C.
Questa scansione temporale segnala la velocità del processo di raffreddamento che si attua a quelle latitudini: una dinamica che non ha riscontri nell’emisfero boreale, se si escludono le regioni più interne della Groenlandia. Il valore è stato raggiunto in alcune stazioni automatiche e alla base russa Vostok (3.488 m) dove il termometro ha segnato -71,3 °C. Si tratta d’un limite normale per il periodo, che giunge con qualche giorno di ritardo rispetto alla norma.
All’inizio delle esplorazioni antartiche fu proprio questa componente del clima a sorprendere i ricercatori. Alla fine del 1956, mentre veniva realizzata la base Amundsen-Scott al Polo Sud geografico (2.836 m), furono avanzate varie ipotesi sulla curva delle temperature invernali, ma nessuna riuscì ad avvicinarsi alla realtà perché il concetto di coreless winter era ancora poco noto: la temperatura media subisce una drastica riduzione all’approssimarsi della notte polare e poi oscilla intorno a quei valori fino al ritorno del sole sopra l’orizzonte, a fine settembre. Da quelle parti insomma, l’inverno è già arrivato.