Un altro uragano di una stagione atlantica attiva come poche altre nell’ultimo secolo e mezzo ha seminato morte e distruzione, questa volta non negli “States” ma negli stati del Centro America, tra cui i più colpiti sono stati Guatemala, El Salvador.
Stan, questo il nome dato all’uragano, si è abbattuto sulle coste del Messico come uragano di categoria 1 nei pressi di Veracruz, accompagnato da venti a 130km/h e da onde fino a 5 metri di altezza. Ma i maggiori danni Stan li ha creati nell’entroterra e in Guatamala, Honduras, Nicaragua e El Salvador, non tanto per la forza dei suoi venti rapidamente scemata, quanto per le intense piogge che hanno interessato specialmente le ragioni montagnose di quel tratto di America Centrale.
L’attuale bilancio delle vittime, forse non definitivo è molto pesante: 79 sono i morti accertati in Guatemala, 62 in El Salvador, 21 tra Messico, Nicaragua ed Honduras. Nel Salvador dal primo di ottobre sono caduti fino a 350 mm di pioggia e la situazione è resa ancor più drammatica da una seconda emergenza, quella dell’eruzione del vulcano Llamatepec.
Stan non è stato l’unico uragano ad interessare il Centro America negli ultimi giorni. Otis ha infatti tenuto “sotto scacco” la parte centro-meridionale della Penisola di California (Messico) consigliando le autorità messicane ad evacuare precauzionalmente dalle proprie abitazioni alcune migliaia di persone specie nella zona di Cabo San Lucas. Otis è rimasto per poco tempo un uragano ed è tornato rapidamente ad essere una depressione tropicale, prima di dissiparsi definitivamente.
Intanto Florida settentrionale e Georgia meridionale sono in questo momento interessate dalla ventunesima tempesta tropicale atlantica, denominata Tammy, che, accompagnata da venti a 60 km/h sta causando abbondanti piogge nei due stati sopracitati. Nel suo movimento verso nord est è previsto che Tammy perda ulteriormente di intensità.
“It’s time to name all Hurricanes “George”” (E’ l’ora di chiamare tutti gli uragani George): così recita provocatoriamente un articolo apparso su www.freepress.org. Si riferisce naturalmente al nome del presidente Bush, accusato da più parti, specie dai movimenti ambientalisti ma non solo, della mancata firma del protocollo di Kyoto e di una politica che favorirebbe l’incremento dell’effetto serra, quindi del Global Warming. E’ una provocazione che sintetizza bene il dibattito che anche in Italia si è aperto in questo periodo, con politici, sedicenti esperti ed esperti veri che si sono confrontati sul tema uragani e riscaldamento globale, alla TV e sui giornali.
Il MeteoGiornale non intende esprimere una precisa linea editoriale, essendo un quotidiano di informazione scientifica cerca di essere aperto a tutti i contributi che la scienza mette in campo, in un settore, quello della ricerca meteo-climatologica, ancora giovane ed in pieno sviluppo, augurandosi che tale ricerca non venga influenzata da lobby politico-economiche di qualsiasi tipo.
Di certo esiste un principio di precauzione per cui, se ancora non si può provare e quantificare la responsabilità delle attività umane nell’aumento della temperatura media terrestre e di conseguenza nell’aumento dell’intensità di alcuni fenomeni estremi come gli uragani, una politica più sensibile alle emissioni inquinanti, male non dovrebbe fare, e di sicuro farebbe bene ai nostri polmoni.