Questa prima metà di febbraio passerà alla storia per il gelo e nevicate, tanto che un confronto con il febbraio 1956 non appare così inverosimile: chi l’avrebbe mai detto! Nemmeno le ondate di freddo storiche riescono però ad “accontentare” tutti: c’è chi ha visto tantissima neve, ma c’è anche chi è rimasto ai margini, con condizioni rigide ma perlopiù secche. L’ondata di gelo, che ormai è quasi al capolinea, si è rivelata davvero persistente, oltre che eccezionale: possiamo suddividerla in due principali step, con i due grandi acuti avvenuti in corrispondenza dei due week-end trascorso (4-5 febbraio ed 11-12 febbraio).
I risvolti perturbati sul Mediterraneo Centrale dei due picchi di freddo hanno avuto molti elementi in comune, ecco il motivo per il quale la neve ha letteralmente sepolto di continuo le stesse aree (comunque più di mezza Italia) lasciando un po’ più ai margini altre zone. Quando parliamo di risvolti ci riferiamo alla configurazione sinottica e quindi alla depressione che si è formata sul Mediterraneo, con i minimi di pressione prevalentemente posizionati soprattutto sul Tirreno Centro-Meridionale. Si potrebbe dire che gli incastri configurativi sono stati ad esempio perfetti per la neve a Roma (ben due episodi in una settimana), mentre non lo sono stati altrettanto per altre città del versante tirrenico come Firenze e Napoli.
In generale, sono state le regioni del Centro-Sud e soprattutto quelle del versante adriatico a ricevere apporti nevosi estremamente sensazionali, a seguito delle correnti in prevalenza disposte dai quadranti orientali nel corso dell’intera evoluzione. La neve è caduta anche in pianura e sulle coste, ma non all’estremo Sud e Sicilia, che meno hanno risentito direttamente dei flussi d’aria gelida. E anzi, proprio per il Meridione, il picco del freddo con associata instabilità si dovrebbe raggiungere proprio in quest’inizio settimana, anche se pensiamo sia difficile che la neve possa spingersi fino ai litorali.
Detto questo, in un’Italia incredibilmente seppellita dalla neve, è interessante capire quali sono le zone che meno hanno risentito di questa duratura fase gelida e nevosa. Il gelo, a dir la verità, non ha risparmiato pressoché nessuna zona, mentre invece la neve, cadendo abbondantissima su alcuni settori, non è stata altrettanto generosa in altre lande. E per fortuna che è andata così, viste le enormi difficoltà ed i disagi estremi che hanno dovuto affrontare e tuttora stanno fronteggiando le aree più colpite dalla neve che ha raggiunto spessori anche di 2, 3 e 4 metri. Per quanto concerne il Centro Italia, che è stato a più ripreso colpito duramente dalle nevicate, la Toscana è stata la regione che è stata un po’ più risparmiata.
Tanti lettori di Firenze non si sono spiegati l’esclusione eccellente del loro capoluogo dalle grandi nevicate. In effetti la Toscana è stata più direttamente interessata dalle nevicate solo nella prima fase, poco prima dell’ondata siberiana con episodi storici nella costa livornese e neve poi molto abbondante caduta nell’entroterra, specie nel senese. Firenze ha avuto la sfortuna di non essere coinvolta dalla traiettoria dei nuclei perturbati più produttivi ed ha avuto solo una spolverata bianca. Per il resto Firenze e quasi tutta la Toscana sono state penalizzate dal flusso di correnti da nord/est sottovento all’Appennino e dalla troppa lontananza con il minimo barico tirrenico. Nel week-end in effetti solo le zone più meridionali della Toscana, comprese le Isole dell’Arcipelago, hanno risentito della ritornante perturbata, mentre il resto della regione (pianure, valli e coste) è rimasto al riparo.
Lo stesso discorso può esser fatto anche per Liguria e Piemonte, dove le grandissime nevicate, specie sulle zone esposte, si sono concentrate solo in una prima fase, ad inizio febbraio, mentre poi ha prevalso solamente il gelo, con temperature così rigide che hanno consentito di mantenere intatto il manto nevoso. Un’altra zona saltata dai maggiori fenomeni è stata quella dell’angolo nord-orientale dell’Italia, anch’esso sottovento e troppo lontano rispetto all’azione perturbata delle depressioni collocate sui mari centro-meridionali italiani. Per le montagne, si può dire che l’Appennino è stato sepolto, con riferimento particolare ai versanti esposti adriatici, mentre le Alpi (versanti sud e Prealpi, dove il deficit resta importante) non hanno goduto degli apporti nevosi che si spera possano arrivare in futuro, con circolazioni più miti e perturbate. Di certo, un clima così glaciale ha comunque aiutato a preservare la poca neve caduta nei settori alpini.