Abbiamo appena avuto la conferma che a livello globale il 2011 è entrato nella top ten dei più caldi, posizionandosi esattamente al 9° posto almeno secondo i dati della NASA, mentre per altri istituti mondiali (HadCRUT3 e NOAA) l’anno che si è da poco concluso sarebbe stato invece l’11° più caldo. Poco cambia in realtà e non può essere di grande consolazione il fatto che rispetto al 2010 l’anomalia termica globale si sia ridotta di circa 0.12°C, visto che lo scorso anno, a differenza del precedente, è stato caratterizzato dal dominio della Niña. Chiudendo il discorso a livello globale, focalizziamo invece l’attenzione invece sull’Italia, dove il 2011 non è certo stato particolarmente dinamico.
Come ben sappiamo, l’anno 2011 è stato decisamente caldo in molte zone d’Europa, compresa l’Italia. In Francia il 2011 è stato l’anno più caldo, così come lo stesso discorso si può fare per Gran Bretagna e regioni alpine. La Penisola Iberica è quasi sempre rimasta soggiogata all’anticiclone, che in qualche modo ha dominato in lungo ed in largo anche sull’Italia. Possiamo considerarci quindi quasi fortunati rispetto ad altre zone del Continente: il 2011 sull’Italia ha chiuso con un’anomalia complessiva di +1.04°C rispetto alla norma degli anni dal 1971 al 2000, uno scarto che è il terzo più alto in assoluto dal 1800 ad oggi. L’anno in assoluto più caldo, quello 2003, rimane ben distante con l’anomalia che era stata pari a +1.22°C.
Le anomalie termiche più significative hanno riguardato i valori massimi e le zone territoriali che più ne hanno risentito sono state il Centro ed il Nord Italia, dove lo scarto con la media risulta di oltre +1°C, superando i +1.5°C sulla dorsale centrale appenninica e su parte della catena alpina (con riferimento al comparto centro-orientale). Le eccezioni a queste anomalie termiche sono invece state rappresentate da Sicilia e parte della Calabria, zone dove il 2011 ha avuto un trend termico diverso che ha consentito di chiudere in linea con la norma.
Non solo caldo, ma anche siccità: come già sappiamo, soprattutto la primavera e l’autunno, due stagioni notoriamente piovose, hanno risentito di una fortissima penuria di precipitazioni. Considerando l’intero territorio, il deficit pluviometrico è stato pari al 13%, ovvero il 20° anno più secco della storia. Va detto che questo bilancio è venuto fuori da notevoli disomogeneità territoriali, in quanto ci sono state zone dove davvero ha piovuto pochissimo (quantitativi pluviometrici annuali inferiori alla metà di quelli normali tra Toscana, Romagna e Marche), mentre invece sulla Sicilia e qualche altra zona del Sud le piogge sono al contrario cadute abbondanti, risultando ben superiori alla norma stagionale.