La teoria che cicli solari di medio e lungo periodo possano avere significativi impatti sul clima terrestre ha sempre trovato un ostacolo nell’idea aristotelica d’un Sole perfetto, adottata dal pensiero cristiano e trasfusa nella dottrina scientifica, fino a sfociare, nel XIX secolo, nel concetto di costante solare. Le evidenze derivanti dalla misurazione della TSI (Total solar irradiance) tuttavia, hanno portato a dire che «non esiste giustificazione fisica per questa nomenclatura, solo un pregiudizio filosofico», anche se le ricerche in tal senso hanno dovuto fare i conti con le resistenze di chi ritiene «ridicolo cercare di misurare le variazioni d’una costante» [Hoyt, pp. 48-49].
A cavallo del XXI secolo, il rapporto fra attività solare e clima è rimasto appannaggio d’una ristretta cerchia di specialisti poiché, quasi plebiscitariamente, si è spostata l’attenzione sul ruolo dei gas serra di origine antropica. Anche i divulgatori più imparziali hanno dedicato scarse energie alla comprensione dei meccanismi che potrebbero regolare il bilancio della TSI, al più limitandosi a constatare come «poiché la parte che diventa energia a onda lunga per l’effetto serra terrestre è circa un ottavo del flusso solare extraterrestre (180 W/mq rispetto a 1.367 W/mq), una variazione massima teorica anche di 2 W/mq del flusso solare a onda corta potrebbe influire per non più di 0,25 W/mq sull’energia a onda lunga. Un cambiamento di soli 0,25 W/mq, anche come valore tendenziale secolare o plurisecolare, non giustificherebbe però da solo nessuna delle variazioni climatiche osservate nei secoli passati e negli anni recenti. Di contro, non è da escludere che l’attività solare – pur non potendo spiegare, come unica causa, un cambiamento del clima – possa invece innescare meccanismi di retroazione e di destabilizzazione del sistema climatico tali da avviare un cambiamento climatico significativo o da portare il sistema al di là delle sue capacità di equilibrio omeostatico» [Ferrara, pp. 48-49].
I due principali filoni di ricerca sulle implicazioni climatiche del Sole vertono sulla TSI e sulla modulazione dei raggi cosmici indotta dall’eliosfera; esistono ampie raccolte di dati proxy (contenuto di radiocarbonio negli organismi vegetali, variazioni degli isotopi di berillio e presenza di nitrati nelle carote glaciali) che trovano coincidenza quasi perfetta con la curva storica dell’attività solare e che, a loro volta, hanno permesso di ricostruire i principali cicli di lungo termine del passato. Per quanto riguarda il Minimo di Maunder propriamente detto (1645-1715), si può anche tentare una comparazione con quelle che potrebbero definirsi paleomisure termometriche. La tabella seguente propone, in quarta colonna, le temperature medie decennali dell’Inghilterra Centrale ricavate dalle ricostruzioni mensili [Manley, pp. 393-394]; in seconda colonna è datato il massimo del ciclo di Schwabe e, in terza, la sua intensità, secondo la metodologia dei Group sunspot numbers; in quinta colonna infine, sono affiancate le temperature medie decennali di De Bilt, la località olandese che possiede la più antica e ininterrotta serie termometrica del mondo, ricavate dai dati omogeneizzati dal Koninklijk Nederlands Meteorologisch Instituut:
1659-’68 | M 1660 | RG 2,0 | 9,1 °C | |
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1669-’78 | M 1676 | RG 1,8 | 8,7 °C | |
1679-’88 | M 1684 | RG 1,4 | 8,8 °C | |
1689-’98 | M 1695 | RG 0,1 | 8,1 °C | |
1699-1708 | M 1705 | RG 5,5 | 9,2 °C | |
1709-’18 | 9,1 °C | 9,1 °C | ||
1719-’28 | M 1719 | RG 33,9 | 9,3 °C | 9,3 °C |
1729-’38 | M 1730 | RG 69,7 | 9,9 °C | 9,7 °C |
Si nota una progressiva diminuzione durante la fase più profonda del Minimo di Maunder, quindi una ripresa a partire dal XVIII secolo: il che sarebbe in analogia col brusco cambiamento delle condizioni solari registrato nel 1698-1711 [McCracken, p. 21603]. La congruenza fra le medie dell’Inghilterra Centrale e di De Bilt è degna di nota ma, in mancanza di ulteriori elementi, non può essere assunta come elemento di conferma; né si può generalizzare la coincidenza fra il trend termico e l’attività solare, trattandosi d’un caso di carattere regionale, che potrebbe anche corrispondere a contingenze locali. A questo proposito infatti, si è soffermata l’attenzione pure sul ruolo delle polveri vulcaniche, argomentando che «se le basse temperature prevalenti in Inghilterra, come pure in Islanda e in una vasta regione circostante, nel corso degli anni 1694-’98 sono rappresentative di un’anomalia a livello mondiale all’incirca equivalente […], il DVI totale (a) dovrebbe essere 3.000-3.500» [Lamb, p. 434].
La convinzione che un’escursione di lungo periodo dell’attività solare, come fu quella del Minimo di Maunder, possa dar conto, se non del coevo raffreddamento climatico terrestre, perlomeno dei presupposti che ne furono all’origine, è affascinante ma non ancora del tutto dimostrata. È vero però che le prove si vanno accumulando e, con esse, la possibilità di riconoscere altri momenti di discontinuità climatica legati a fasi solari di segno positivo e negativo.
Note
(a) DVI sta per Dust veil index: è l’unità di misura delle emissioni durante un’eruzione vulcanica, da cui si ricava il successivo grado di opacità dell’atmosfera terrestre.
Bibliografia
V. FERRARA, A. FARRUGGIA, Clima: istruzioni per l’uso, Milano, 2007.
D.V. HOYT, K.H. SCHATTEN, The Role of the Sun in Climate Change, New York, 1997.
H.H. LAMB, Climate: Present, Past and Future, vol. I, Londra, 1972.
G. MANLEY, Central England temperatures: monthly means 1659 to 1973, in «The Quarterly Journal of the Royal Meteorological Society», vol. 100, n. 425 (1974), pp. 389-405.
K.G. McCRACKEN, G.A.M. DRESCHOFF, D.F. SMART, M.A. SHEA, Solar cosmic ray events for the period 1561-1994. 2. The Gleissberg periodicity, in «Journal of Geophysical Research», vol. 106, n. A10 (2001), pp. 21599-21609.
TSI ed eliosfera: www.meteogiornale.it/news/read.php?id=19935
/>Group sunspot numbers: www.meteogiornale.it/news/read.php?id=19893