Il riscaldamento dell’Artico continua ad essere diffuso e drammatico, sulla base dei dati di un Report annuale pubblicato di recente dalla NOAA e dalla sua Università. Il grido d’allarme è ormai sempre più forte per quelle che saranno le conseguenze nel giro di pochi anni per tutto l’ecosistema della regione, ma con conseguenze a più vasta scala di cui dovremo tener conto tutti. La vita marina è sempre più difficile a causa del clima sempre più caldo: a parte il continuo calo del numero di renne e caribù, cresce l’apprensione per le balene, beluga, narvali e gli orsi bianchi, sebbene per il momento si abbiano pochi dati a disposizione per capire se le comunità di animali siano diminuite o si siano più semplicemente spostate.
L’Arctic Report Card è stato introdotto nel 2006 e viene aggiornato annualmente proprio in Ottobre, con l’obiettivo di tracciare un costante monitoraggio delle condizioni spesso molto mutevoli dell’Artico nel XXI Secolo. Nella relazione di quest’anno ben tre dei sei settori tenuti costantemente sott’occhio (l’atmosfera, il ghiaccio marino e la Groenlandia) sono codificati in rosso e questo sta a significare che i cambiamenti sono fortemente attribuiti al riscaldamento. I restanti tre settori (biologia, oceano e terra) sono invece codificati in giallo e questo indica segnali più contrastanti. Nel Report del 2007 invece erano 4 i settori col codice in giallo e due quelli segnalati in rosso.
L’aumento della temperatura e la perdita notevole dei ghiacci durante l’Estate sono dunque solo alcune delle prove del continuo riscaldamento sulla regione artica. Nell’Estate appena trascorsa, nonostante i ghiacci non abbiano raggiunto i livelli minimi da record toccati nel 2007 e nel 2008, i ricercatori si sono trovati davanti a cambiamenti molto accentuati rispetto a soli 5 anni fa e con trasformazioni che avvengono dunque ad una velocità molto maggiore rispetto al previsto.
Quello che ha maggiormente colpito i ricercatori è il fatto che, nonostante l’ultimo inverno sia risultato più freddo delle medie, l’estate è stata così calda da elidere totalmente la neve caduta durante la stagione invernale, contribuendo a far ritirare i ghiacciai che giungono in mare per oltre 106 km quadrati, portando a quasi 1.000 km quadrati quelli persi dal 2000 ad oggi.
James Overland, un oceanografo fra gli autori principali del rapporto, riferisce come i cambiamenti sull’Artico mostrano un effetto domino (reazioni a catena) molto più accentuato che in altre zone del Pianeta. L’Artico viene peraltro rappresentato come un sistema molto sensibile, uno fra i luoghi più fragili del Pianeta, capace spesso di riflettere i cambiamenti in modo relativamente rapido e drammatico. Il 2007 è stato l’anno più caldo mai registrato per l’Artico, proseguendo una generale tendenza al riscaldamento iniziata a metà degli anni ’60.
Un esempio di questi cambiamenti nel clima artico è rappresentato anzitutto delle variazioni dei valori di temperatura, che in autunno si sono portate su valori di ben 5 gradi superiori alla media, a causa delle gravi perdite di ghiaccio marino avvenute negli ultimi anni. La perdita di ghiaccio permette infatti una più efficace azione del riscaldamento solare. Il riscaldamento dell’aria e dell’oceano colpisce la terra e la vita marina, contribuendo nel contempo a ridurre l’estensione dei ghiacci invernali.
Da non sottovalutare peraltro anche i cambiamenti osservati su larga scala dei venti. Negli ultimi anni si è infatti generata un’alta pressione anomala sul lato artico affacciato al Nord America e una bassa pressione verso l’area euroasiatica. Si tratta di scombussolamenti barici derivanti dalla mancanza di ghiacci durante il periodo estivo. Nel complesso, tutto ciò determina la maggiore frequenza di venti che soffiano da sud verso nord, i quali incrementano il trasporto di calore sull’Oceano Artico.
Il materiale presentato nel Report Card è stato preparato da un team internazionale di scienziati e da esperti d’attualità del gruppo di esperti del clima (AMAP) del Consiglio Artico. L’Arctic Report Card è una delle poche opportunità di un team di ricercatori di lavorare insieme per fornire un aspetto molto ampio allo stato del sistema artico. Il formato per web facilita futuri aggiornamenti tempestivi dei contenuti.
La Conservation of Arctic Flora and Fauna (CAFF) e la Circumpolar Biodiversity Monitoring Program (CBMP) hanno fornito il loro supporto attraverso la fornitura degli elementi biologici d’intereresse specifico. Altri autori della relazione che hanno contribuito alla relazione provengono dal Woods Hole Oceanographic, dalla University of Alaska-Fairbanks, dal Byrd Polar Research Center dell’Ohio e dall’Environment Canada di Yukon.
Il rapporto completo del Report Card 2009 si può trovare su www.arctic.noaa.gov/reportcard