Secondo un recente studio l’aumento delle ceneri vulcaniche immesse in troposfera da violente eruzioni vulcaniche, di tipo esplosivo, potrebbe avere delle ripercussioni climatiche più importanti del previsto. Al punto da rallentare lo stesso “global warming”.
Negli ultimi anni sulla Terra si sono verificate diverse eruzioni vulcaniche, alcune anche parecchio violente. Queste eruzioni vulcaniche avrebbero contribuito nel far aumentare, in modo significativo, la quantità di polveri e pulviscolo in atmosfera, del 5-10% a partire dal 2000. Questo significativo aumento sarebbe stato generato soprattutto dalle grandi eruzioni vulcaniche avvenute fra Asia orientale e America meridionale.
Le polveri, la cenere e il materiale vulcanico espulso nella troposfera da queste eruzioni avrebbe ridotto del 25% la tendenza al riscaldamento preventivata dalle previsioni del “global warming”. Previsioni che comunque rimangono inalterate.
In realtà il quadro è molto più complesso se si tengono in considerazione i dati satellitari, che partono dall’ormai lontano 1979. In effetti, prendendo in considerazione i dati sulle temperature medie globali, si nota come il riscaldamento sia stato, in media, del +0,14-0,17°C per decade. Un trend che è continuato ad avanzare con grande costanza, con un picco assoluto verificatosi negli anni a cavallo fra il 2009 e il 2010. Proprio in questo punto emergono le contraddizioni.
Secondo alcuni climatologi, con particolare riferimento all’interessante articolo di Grant Foster e Stefan Rahmstorf, “evoluzione della temperatura globale 1979-2010”, le influenze delle variazioni naturali, come l’attività solare, il “Niño” e “La Niña” e le ceneri sprigionate dalle eruzioni vulcaniche, non avrebbero modificato l’andamento osservato delle temperature globali, che è rimasto tra +0,14-0,17°C per decade.