L’attenta analisi della serie di dati messi a disposizione dalla NASA, chiarisce ogni dubbio in merito al riscaldamento che sta subendo la troposfera da oltre un secolo a questa parte.
Il 2003 conferma, semmai ce ne fosse ancora bisogno, il trend in atto, iniziato da oltre un secolo e che ha subito un’accelerazione negli ultimi 20 anni.
A livello globale, il 2003, secondo le osservazioni delle stazioni meteo al suolo, è stato il terzo anno più caldo, di una serie storica che inizia nel 1880, preceduto soltanto dal 1998 e dal 2002.
Rispetto alla media del periodo 1951/80, l’anno appena terminato è risultato di 0.62°C superiore alla norma, con un picco massimo +0.77°C in gennaio ed uno minimo di +0.45°C in luglio.
Sono ormai ben 11 anni che, sempre a livello globale, un mese non registra un’anomalia negativa rispetto alla norma 1951/80, “evento” ultimo che risale al dicembre 1992 quando l’anomalia negativa fu di -0.09°C.
Dal 1981 in ben 16 occasioni, di cui 10 nell’ultimo decennio, l’anomalia termica positiva annua è stata di almeno +0.3°C. L’ultimo anno a chiudere con un’anomalia termica negativa è stato il 1976.
Analizzando ulteriormente i dati della serie, che ribadiamo, parte dal 1880, scopriamo che gli 11 anni più caldi sono tutti appartenenti agli anni ’90 del XX secolo e ai primi 3 del nuovo millennio e che fra i 5 più caldi vi sono gli ultimi 3.
L’anno più freddo dell’ultimo decennio è stato il 1994, al 17° posto tra gli anni più caldi degli ultimi 125 anni, mentre il 1940, al 27° posto di questa classifica, risulta l’anno più caldo della prima metà del XX secolo e il 1889 (49°) con un’anomalia di +0.03°C rispetto alla norma 1951/80, il più caldo tra quelli appartenenti al XIX secolo.
Non si notano particolari differenze tra le anomalie calcolate stagionalmente. Il riscaldamento è stato uniforme, non vi è una stagione che ne abbia usufruito maggiormente rispetto ad un’altra.
Non vi è stata invece omogeneità nel trend climatico delle varie regioni della terra. In particolare l’emisfero nord si è scaldato maggiormente rispetto a quello sud e, tra le zone dell’emisfero nord, il Nord America, specie la parte orientale del continente, ne è stato interessato in maniera minore, tanto che gli anni ’30 sono risultati caldi come gli anni ’90.
Tratteremo in altri articoli di approfondimento le anomalie termiche delle varie zone del globo.
Si può obiettare che vi sia un elemento di perturbazione nei dati rilevati dalle stazioni poste in aree urbane, laddove il locale effetto “isola di calore” può essere notevole e inficiare l’intero studio, ma proprio per evitare ovvero ridurre al minimo tali “perturbazioni”, le stazioni di riferimento scelte dalla NASA per calcolare i trend di lungo periodo, sono poste in aree rurali o al di fuori delle grandi aree urbane.
Vi è un’ulteriore riflessione che potrebbe essere fatta, riguardante la strumentazione di rilevamento dati, che non è certo più quella di un secolo orsono. Specie negli ultimi dieci anni, molte stazioni meteo si sono dotate di strumenti di rilevazione elettronici, ben diversi dai termometri a mercurio utilizzati fino a non molti anni fa.
Tuttavia, oltre ai dati strumentali e al di là delle cause, vi sono molte indicazioni che provengono anche dalle scienze biologiche, dall’analisi dei ghiacciai, dalle stesse scienze sociali, che indicano che il trend al riscaldamento globale in atto non è frutto di ideologie o di terrorismo mediatico, bensì è dato scientifico certo.