In Cina, il paese più popoloso del mondo, l’emissione media di CO2 è aumentata del 9%, pari a 7,2 tonnellate pro capite. La Cina è ora nel range dei paesi più industrializzati, tra le 6 e le 19 tonnellate di emissioni pro capite. Nell’Unione europea, il livello di emissioni è sceso del 3%, a 7,5 tonnellate pro capite. Gli Stati Uniti, nonostante il calo registrato nel 2008-2009 a causa della recessione, rimangono uno dei maggiori produttori di CO2, con 17.3 tonnellate pro capite.
Sono i risultati della “Relazione sull’andamento delle emissioni globali di CO2”, pubblicato lo scorso 19 luglio in compartecipazione tra la Commissione europea, il Centro comune di ricerca (CCR) e l’Environmental Assessment Agency (PBL) dei Paesi Bassi.
Nel documento si evince che le deboli condizioni economiche, un inverno mite e il risparmio energetico hanno stimolato un rialzo dei prezzi del petrolio e conseguentemente ad una diminuzione del 3% della CO2 nell’Unione europea e del 2% sia negli Stati Uniti che nel Giappone. Le emissioni dei paesi OCSE rappresentano attualmente solo un terzo del totale globale. In Paesi come la Cina, in costante espansione, si è registrato un aumento significativo del consumo di combustibili fossili per la crescita dell’edilizia e l’espansione delle infrastrutture. La crescita della produzione di cemento e di acciaio, ad esempio, ha condotto a un incremento del consumo di carbone pari al 9,7%.
L’aumento del 3% delle emissioni globali, nel 2011, è al di sopra dell’incremento medio annuo nell’ultimo decennio, ovvero del del 2,7%. L’andamento ha registrato una diminuzione del 2% nel 2008 e un aumento del 5% nel 2010. I maggiori produttori di CO2 hanno emesso in atmosfera, l’anno scorso, 34 miliardi di tonnellate di CO2: Cina (29%), Stati Uniti (16%), l’Unione europea (11%), India (6%), la Federazione russa ( 5%) e Giappone (4%).
Si stima che il totale cumulativo globale, tra il 2000 e il 2011, sia pari a 420 miliardi di tonnellate di CO2. Una quantità prodotta principalmente dalle attività antropiche, compreso il disboscamento. La letteratura scientifica suggerisce che limitare l’aumento della temperatura media globale a 2°C rispetto ai livelli pre-industriali – l’obiettivo adottato a livello internazione nei negoziati sul clima delle Nazioni Unite – è possibile solo se il totale cumulativo di CO2 nel periodo 2000-2050 non varcherà una quantità tra i 1000 e i 1500 miliardi di tonnellate. Ma per contenerne la quantità, si dovrà cercare di invertire il trend attuale e si tratta di un’impresa di difficile realizzazione.
Fortunatamente, negli ultimi anni stiamo assistendo all’espansione delle fonti energetiche rinnovabili, in particolare solare, eolica e i biocarburanti. La quota globale di queste fonti rinnovabili cosiddette moderne, che escludono l’energia idroelettrica, sta crescendo a una velocità impressionante. Tramite l’utilizzo di queste fonti, si è risparmiata una quantità di CO2, nel 2011, di circa 0,8 miliardi di tonnellate. Certo, è ancora poco, ma si consideri che si tratta di un quantitativo che sfiora quello delle emissioni annue di CO2 dalla parte della sola Germania.