Le grandi anomalie climatiche che ormai sconvolgono periodicamente il pianeta con frequenza impressionante nell’ultimo ventennio non colpiscono mai una sola zona. Si abbinano necessariamente ad anomalie, spesso contrarie, in altre zone, limitrofe oppure dal lato opposto del pianeta. Ed il 2003, indimenticabile in Europa per l’estate che ha saputo confezionare, ha portato grandi anomalie anche nelle zone intertropicali, quelle cioè poste tra i due tropici nei due emisferi.
Parto nella mia analisi dal Pacifico nord occidentale non a caso. L’occorrenza media annuale di cicloni tropicali in questa sezione di oceano è di ben 31.8 / anno. Un numero molto elevato, che in valore assoluto, può costituire un ottimo indicatore di anomalia climatica quando si discosta sensibilmente dalla propria media. Il numero totale di cicloni tropicali nel 2003 è stato di 27, esattamente quanti ce ne sono stati nel 1998. Non più un caso oramai. Nel 1999, 2000, 2001 e 2002 ci sono stati rispettivamente 34, 34, 33 e 31 cicloni tropicali. Leggermente sopra la media, insomma, tranne il 2002 (che è stato molto caldo comunque, nonostante l’elevata piovosità, e superiore alla media in Europa).
Ed anche il 1983 fu terribile (penso che molti lettori si ricordino i vari record di caldo in Luglio, con temperature elevatissime dalla Sicilia alle Alpi). Il numero di cicloni fu esageratamente sotto la media: appena 24. Dal 1984 al 1997 (compresi) abbiamo avuto rispettivamente: 30, 27, 28, 25, 26, 35, 31, 31, 32, 37, 39, 35, 44 e 34. Notare che gli anni dal 1983 al 1988 hanno visto il verificarsi di grandi anomalie climatiche, di cui molte verificatesi anche in Europa (dall’estate formidabile del 1983 all’inverno gelido del 1985).
Dalle statistiche e dal grafico a lato risulta una chiarissima correlazione tra il numero di cicloni tropicali nel Pacifico occidentale ed estati bollenti nel vecchio continente. Più precisamente, ad un picco di attività negativa corrisponde un estate molto calda. Poi l’anomalia si ripercuote a catena anche sulla stagione invernale, in molti dei casi. Singolare è comunque il quinquennio “del cambiamento”, quello sopra menzionato (1983-1988). Molti tra voi lettori credo che in quegli anni non riconoscevano più il proprio clima, era in atto un “accelerazione” di cambiamento climatico.
Molto curiosa, sempre dal grafico, la “frenata” nel numero di cicloni tropicali dal 1996 (anno record, con ben 44 cicloni!) che sfocia in due picchi negativi, quello delle annate 1998 e 2003.
Ma anche questa anomalia, anche se indicativa, è una conseguenza di qualcosa di molto più grande, un fenomeno che condiziona e modifica l’intera circolazione atmosferica terrestre. Grazie ad uno studio di Mario e Andrea Giuliacci è stato ormai dimostrato che l’anno seguente alla comparsa del famigerato “El Nino”, si presenta con estati “africane” nel vecchio continente ed ha una forte influenza sul clima asiatico estivo. Tuttavia è impossibile prevedere, dalla potenza di tale fenomeno, la realtà degli effetti a così lungo termine (“El Nino” si verifica in Dicembre ed i suoi effetti si manifestano in Europa verso Giugno/Luglio).
Ma è davvero impossibile? Nel Dicembre del 2002 vi fu la comparsa di El Nino in una forma molto debole, neanche lontanamente paragonabile alla potenza del sovra-riscaldamento che avvenne nel 1983 ma, soprattutto, nel 1998 (globalmente l’anno più caldo di sempre da quando avvengono le rivelazioni).
Nella Parte II, vi proporrò un’analisi alquanto interessante: la ricorrenza di cicloni tropicali nel Pacifico nord-occidentale nei primi 4 mesi dell’anno.