Avrete certamente sentito spesso parlare del problema del Buco dell’Ozono, riguardante soprattutto l’Antartide e sempre abbastanza attuale nonostante non vengano più utilizzati i Clorofluorocarburi (CFC), ritenuti i principali responsabili dell’assottigliamento dello strato di ozono stratosferico (un danno dovuto principalmente alla presenza del Cloro). Il problema non è facilmente superabile perché i CFC in stratosfera hanno tempi di decadimento molto lunghi, addirittura di oltre 100 anni: in questo modo è facilmente intuibile che i CFC presenti nella stratosfera sono i medesimi di 30-40 anni e a ciò va aggiunto il fatto che alcune nazioni come l’India e la Cina ne fanno ancora utilizzo.
La novità ultima è data dal fatto che i satelliti dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) hanno registrato una perdita record di ozono in sede artica. Il fenomeno, registro negli ultimi mesi, sarebbe stato causato da un isolamento della massa d’aria fredda a livello della stratosfera sul Polo Nord, con temperature molto basse e scarsa propensione agli scambi meridiani. L’attività molto forte del Vortice Polare sarebbe dunque una causa di questa forte diminuzione del livello di ozono, stimata addirittura in un 40% tra l’inizio dell’inverno e la fine del mese di marzo.
In che modo è potuto accadere tutto questo? L’arrivo della luce solare nel mese di marzo ha impattato sul lago gelido della stratosfera, favorendo il rilascio da parte dei CFC di atomi di bromo e cloro, questi ultimi veri e propri distruttori dell’ozono, per sua natura molto instabile, in molecole d’ossigeno. L’attuale situazione deriverebbe proprio dalla contingente situazione attuale, con i valori termici così rigidi in stratosfera (da record al pari del 1997). Non è comunque il caso d’allarmarsi troppo, anche perché molti studi del settore vedono nel complesso in prospettiva una circolazione delle masse d’aria stratosferiche che, a parte casi episodici, non dovrebbero portare ad una degenerazione dello strato di ozono sul nostro Emisfero.