L’Artico, come tutti i mari del Pianeta, è soggetto a correnti marine, ora calde, poi fredde, che influenzano pesantemente il clima delle coste e della sua superficie.
La maggiore corrente marina è quella del Golfo del Messico, che mitiga il clima delle coste settentrionali della Norvegia e persino le settentrionalissime Isole Svalbard. Ma l’apporto di acque più tiepide si estende anche sotto la Banchisa Polare dove origina una serie di più correnti minori che rimescolano le acque a contatto con i ghiacci.
A seguito del flusso della Corrente del Golfo, altre importanti correnti, ma fredde, fuoriescono attraverso i vari Stretti delle Isole dell’Artico. Nel frattempo, una corrente fredda giunge attraverso lo Stretto di Bering, canale di acque poco profonde che nel culmine delle Ere Glaciali emergeva.
Una corrente fredda scende verso il Labrador sino alla costa orientale statunitense. Un’altra va verso l’Islanda.
Il Polo Nord è una vasta regione dal fragile equilibrio più di altre regioni del Pianeta. Il pack artico ha una massa relativamente limitata per la sua superficie. Il suo spessore varia dai circa 2 metri d’estate ai 3 metri durante la fine dell’inverno.
Il pack artico potrebbe diminuire per varie cause: una mega eruzione vulcanica con le ceneri trasportate dai venti cadendo sulla superficie attenuerebbe la riflettività dei ghiacci. Immissioni volontarie di agenti inquinanti, quali fumi. La deviazione di corsi d’acqua farebbero crescere la salinità e quindi diminuire il punto di congelamento dell’acqua marina. Ma anche l’aumento della temperatura cagiona danni alla calotta polare.
Ai giorni nostri, nell’Era di una cultura ambientale più matura di alcuni decenni or sono, quanto descritto appare impossibile, ma negli anni ’60 e ’70 non era così e si progettavano cambiamenti maestosi del clima.
L’impatto climatico dovuto ad un’eventuale fusione sarebbe considerevole per tutto l’Emisfero, in particolare per le regioni che gli si affacciano. Alcune proiezioni propongono la tesi che senza ghiacciai permanenti, l’Oceano Artico a gennaio sarebbe più caldo di 10/15°C, con conseguente forte incremento delle nevicate.
Alcune ipotesi vedrebbero la formazione di ghiacciai nell’estremo nord del Canada e dell’Europa settentrionale, dove finirebbero gli effetti della Corrente del Golfo.
Ma già qualcosa in Artico è cambiato per l’aumento della temperatura, dove nelle terre emerse delle regioni meridionali aumenta lo spessore dei ghiacciai a causa dell’incremento delle precipitazioni.
Ancora una volta, appare evidente come un cambiamento climatico anche minimo inneschi variazioni a catena dell’equilibrio dell’Artico.