In occasione del Meeting, durante il quale si è discusso tra l’altro dei cambiamenti climatici e del riscaldamento globale, la Dottoressa Susan Solomon, ricercatrice dell’Università del Colorado, ha sottolineato che gli sforzi combinati di scienziati, dell’opinione pubblica, dell’industria e dei responsabili politici nel porre in essere azioni volte a ridurre la perdita dell’Ozono, è uno dei più grandi successi della storia recente nel campo delle Scienze. Ciò nonostante alcune domande rimangono senza risposta. E in alcune aree dell’atmosfera terrestre l’ozono continua ad assottigliarsi.
“Non abbiamo più la produzione di sostanze chimiche primarie – clorofluorocarburi (CFC) – che sono state le maggiori responsabili del problema, ma i CFC hanno durata molto lunga nella nostra atmosfera ed avremo una riduzione dell’ozono per molti decenni”, ha detto Solomon. “Ci sono ancora alcuni misteri da svelare, come ad esempio come si comportano i composti derivanti dal cloro in Antartide – ed è incredibile che abbiamo ancora molto da imparare, anche dopo aver studiato l’ozono per tanto tempo”.
Lo strato di ozono è fondamentale per la vita sulla Terra, perché forma uno scudo protettivo che blocca i raggi ultravioletti potenzialmente dannosi derivanti dall’azione solare. Gli scienziati, fin dal 1930, sono stati in grado di osservare forme di ozono che si decompongono attraverso processi chimici. Le prime prove che l’attività umana minacciava lo strato di ozono sono emerse nel 1970, da parte del Dottor Paul Crutzen che sottolineò come i fertilizzanti agricoli avrebbero potuto ridurre i livelli di ozono in atmosfera. Un altro monito fu lanciato dai ricercatori F. Sherwood Rowland e Mario Molina, che descrissero il processo attraverso il quale i CFC contenuti nelle bombolette spray conducevano alla distruzione dello strato di ozono. I tre condivisero il Premio Nobel del 1995 per la Chimica e la ricerca.
Nel 1985, gli scienziati britannici scoprirono un “buco” dello strato di ozono sopra l’Antartide. Solomon, nel 1986, attraverso una spedizione al Polo Sud fornì alcune di quelle prove fondamentali affinché si ponesse il divieto globale di produzione dei CFC e degli altri gas dannosi per l’ozono.
Gli ultimi studi condotti in materia suggeriscono che la riduzione dell’ozono ha smesso di peggiorare. “L’ozono può essere paragonato ad un paziente in convalescenza, ma è troppo presto per dichiararne il recupero completo”, Sostiene Solomon. Alla luce di tutto ciò, non dovrebbe sorprendere più di tanto la perdita di un 40% nello strato d’ozono verificatosi in Antartide nel corso della passata stagione invernale. Soprattutto se si considera la persistenza atmosferica estremamente lunga delle sostanze che ne assottigliano lo spessore. Sostanze che, presumibilmente, vennero rilasciate negli anni prima dell’imposizione del divieto.