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Solare termodinamico: un passato lungo i secoli, un roseo futuro?

di Francesco Aliprandi
27 Mag 2009 - 07:22
in Senza categoria
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solare termodinamico un passato lungo i secoli un roseo futuro 15183 1 1 - Solare termodinamico: un passato lungo i secoli, un roseo futuro?
L’energia che giunge sulla Terra sotto forma di radiazione solare è decisamente abbondante, ma soffre del difetto di essere molto diffusa. Le piante riescono a sfruttare con un’ottima efficienza questa fonte energetica tramite la fotosintesi clorofilliana, l’uomo invece ha compreso molto presto che per ottenere risultati importanti bisognava concentrare i raggi riflessi da una grande superficie verso un unico punto.

Il più famoso e antico esempio di questa tecnica risale ad Archimede, che avrebbe usato i famosi specchi ustori per impedire la cattura da parte dei romani della città di Siracusa; l’effettiva realizzazione di tali congegni è oggi messa in discussione da molti storici, sebbene esperimenti eseguiti in epoca contemporanea abbiano dimostrato che sarebbe stato senza dubbio possibile incendiare almeno le vele delle imbarcazioni. Meno nota è l’esistenza di fornaci solari costruite modernamente per fondere i metalli – come quella di Odeillo nei Pirenei francesi della potenza di 1 MW, risalente al 1970 – e delle cosiddette cucine solari.

I primi tentativi di conversione in energia meccanica dell’energia termica resa disponibile concentrando i raggi solari devono attendere ovviamente la scoperta delle leggi della Termodinamica e le prime macchine a vapore. Nel 1869 Augustin Mouchon realizza una macchina della potenza di circa mezzo cavallo; pochi anni dopo John Ericsson brevetta un motore a pistoni alimentato da aria calda ottenuta da uno specchio solare parabolico; nel 1912 Frank Shuman costruisce a Maadi – periferia de Il Cairo – una vera e propria centrale a collettori lineari della potenza di 37.3 kW, in grado di alimentare una stazione di pompaggio con costi assolutamente competitivi rispetto alle alternative dell’epoca. Oggi questa installazione che impiegava 1200 metri quadrati di specchi non esiste più, ma è curioso che il suo inventore avesse ipotizzato di costruirne altre in Africa, per affrancare quei paesi dai combustibili fossili e per produrre energia da trasmettere in tutta Europa: un’idea ripresa ai giorni nostri con il progetto DESERTEC.
La ricerca in questo campo si arresta con l’inizio della prima guerra mondiale e il successivo crollo del prezzo del petrolio, per ritornare di attualità all’inizio degli anni ’70; i nuovi progetti di centrali solari si avvalgono però di oltre 50 anni di migliorie tecniche permettendo rendimenti molto superiori.

Mentre gli impianti del secolo scorso miravano ad usare l’energia meccanica ricavata in modo diretto, modernamente risulta più interessante convertirla in energia elettrica vista l’estrema pervasività di oggetti che la utilizzano, tanto nel campo domestico quanto in quello industriale. I cicli termodinamici sfruttati sono mutuati da quelli delle centrali termoelettriche, con la maggiore complessità derivante dalla intermittenza della fonte di calore.
La necessità di far funzionare gli impianti a ciclo continuo – per ottimizzare il rendimento e ridurre al minimo gli stress derivanti dai regimi transitori – ha spinto verso soluzioni in grado di integrare o mediare il calore proveniente dal Sole: prima seguendo la strada della costruzione in parallelo ad impianti classici a combustibili fossili, che possono fornire l’energia termica durante le ore notturne, e più recentemente con sistemi di accumulo del calore.

Si usano tre tipi di specchi: concentratori lineari, piani e parabolici. I primi fanno convergere i raggi lungo un ricevitore lineare, all’interno del quale si trova un fluido – solitamente un olio diatermico – che poi scambia calore con un circuito alimentato da acqua e genera vapore da espandersi in una turbina; i secondi, detti anche eliostati, concentrano i raggi in un punto centrale posto in cima ad una torre, dove miscele di sali fusi possono raggiungere temperature di 550° C; gli ultimi infine generano potenza meccanica tramite un ciclo di Stirling, e proprio da questi sistemi si è raggiunto ad oggi il rendimento maggiore, pari al 31.25%.
Qualunque sia la soluzione tecnica scelta, è necessario seguire il movimento del Sole lungo uno o due assi per poter garantire la massima efficienza dell’impianto. A questa complicazione si aggiunge il fatto che gli specchi, per loro natura, sono in grado di riflettere la sola componente diretta della radiazione solare: ciò limita le aree geografiche nelle quali risulta vantaggioso realizzare centrali solari termodinamiche, che sono quindi in generale quelle desertiche in prossimità dell’equatore dove la secchezza dell’aria si unisce ad un elevato numero di ore di insolazione.

Per finire, un accenno all’aspetto energetico ed economico di queste soluzioni.
La letteratura disponibile è concorde nell’indicare un EROEI compreso fra 20 e 50, e ciò significa che una centrale in posizione ottimale arriva a ripagarsi dal punto di vista energetico in 6 mesi; a questo va aggiunta la elevatissima percentuale di materiale perfettamente riciclabile, che renderebbe una ricostruzione ancora più conveniente.
Il costo attuale di produzione dell’energia è attorno ai 12-15 centesimi di euro per kWh, quindi ancora superiore alle alternative convenzionali, ma esistono ottime prospettive per un dimezzamento di tali valori con lo sviluppo di economie di scala.

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