I modelli croce e delizia dei previsori
I modelli sono tanti, ce ne sono di europei, americani, persino giapponesi. La loro caratteristica peculiare, purtroppo, è la loro aleatorietà, il loro gioco sul filo del rasoio, fra successo e fallimento, in un succedersi di run a volte diversissimi l’uno dall’altro, in un continuo mutare, quasi schizofrenico. Si dice che la loro attendibilità aumenti con il passare delle ore, con l’avvicinamento dell’evento previsto, ma a volte capita che si debba arrivare a pochissime ore dall’evento per poter capire realmente cosa accadrà, e fare una previsione quasi certa.
Non so se qualcuno di voi, anche esperto di previsione modellistica si sia mai chiesto il profondo perché di questa aleatorietà, di questo correre sul filo del rasoio, su questo rischio sempre presente per i modellisti di fare una gran brutta figura. Si potrà dire che l’atmosfera è complessa, che esistono correnti in quota, correnti al suolo, a volte diversissime fra loro; esistono una marea di variabili, geografiche e climatiche che incidono sul sistema, ma ciò non basta a spiegare la difficoltà di una previsione.
Bisogna andare a pescare molto più profondamente, all’essenza della materia stessa per capire l’arcano dei modelli, per capire la loro capricciosità, loro inafferrabilità, che poi rendono la meteorologia la più affascinante delle scienze, in quanto realmente inesatta.
Da Bohr a Heisemberg: il celeberrimo principio di indeterminazione
Per comprendere questo arcano, bisognerà andare indietro nel tempo ai primi del novecento, quando vari studiosi cercavano di spiegare come fosse fatta la materia, e soprattutto come fosse fatta la particella più piccola della materia, l’atomo.
Inizialmente la teoria più diffusa era quella di Bohr che immaginava l’atomo formato da un nucleo centrale, attorno al quale ruotassero come minuscoli pianeti, particelle con cariche negative chiamati elettroni. In realtà il modello di Bohr aveva dei limiti, che affioravano soprattutto quando si voleva spiegare con questo modello il comportamento di elementi aventi più di un elettrone. In definitiva il modello di Bohr risultava insufficiente nel momento in cui si pretendeva di conoscere la traiettoria dell’elettrone.
Il dilemma fu risolto dal fisico tedesco Werner Heisemberg, che ideò una teoria che avrebbe per sempre cambiato il volto della fisica classica. Egli dimostrò che non si poteva conoscere perfettamente la quantità di moto dell’elettrone, e più in generale di qualsiasi particella contemporaneamente alla sua posizione. Così più precisamente si fosse conosciuto la quantità di moto di una particella tanto meno precisamente si sarebbe conosciuta la sua posizione, dunque la traiettoria; detta teoria fu chiamata principio di indeterminazione di Heisemberg.
Il principio di indeterminazione: conseguenze meteorologiche; la teoria del caos
Come detto questa teoria non solo sconvolse l’intera meccanica classica, dando origine alla cosiddetta meccanica quantistica, ma di conseguenza, si ripercosse su tutti i rami della fisica che avevano a che fare con le particelle più piccole.
La meteorologia rientra pienamente in questo contesto, infatti i modelli non sono altro che la risoluzione di complesse equazioni che descrivono il movimento delle particelle gassose che formano l’atmosfera; infatti le basse e le alte pressioni, le perturbazioni, non sono altro che la conseguenza di grandi spostamenti di masse d’aria formate da singole particelle.
L’equazione di Navier Stokes che è alla base della meteorologia dei modelli, descrive il movimento, condizionato da vari fattori, di una particella di gas racchiusa nel sistema terrestre. Ecco che i modelli non possono altro che esprimersi nel contesto della probabilità. In quanto hanno a che fare non con una particella ma con milioni, le quali possiedono velocità e posizione che non possiamo sapere con estrema precisione, in quanto la precisione di questi valori è minata dal principio di indeterminazione di Heisemberg.
Come se non bastasse in fine dobbiamo dire che le equazioni presentano spesso una proprietà chiamata caos, la quale fa si che una minima variazione della posizione e la velocità in un dato momento conduca a un comportamento completamente diverso in momenti successivi, conducendoci al celeberrimo paradosso della farfalla che battendo le ali a Tokio determina pioggia al Central Park di New York. Il guaio è che la sequenza degli eventi non è ripetibile. La prossima volta che una farfalla batterà le ali, vi saranno molteplici altri fattori a influenzare il clima.
Storia e orizzonti dei modelli
Mi preme dire, dunque, che i calcolatori, e i conseguenti modelli, anche se imprecisi, costituiscono un grande patrimonio per la meteorologia, e che anche se la loro infallibilità rimane un’utopia scientificamente provata, è anche vero che la loro precisione negli anni è di molto migliorata.
Negli anni sessanta, infatti, si sbagliavano anche le previsioni alle 24 ore mentre oggi con buona approssimazione si possono indovinare previsioni, ad ampio raggio, anche a 72 ore e più, questo perché accanto a un affinamento tecnologico dei calcolatori si è avuto un aumento dei punti di osservazione meteorologica i quali dati sono velocemente utilizzabili on-line.
Concludendo possiamo dire che come si è avuto un miglioramento così vistoso in quaranta anni non sarà difficile avere un miglioramento qualitativo notevole nei prossimi anni con una rete di monitoraggi ancora più diffusa soprattutto nei paesi dove la povertà impedisce di fare un monitoraggio meteorologico capillare. Non ci interessa infatti che i modelli ci dicano che tempo farà fra un mese, ma diviene di notevole importanza sapere dove, con estrema precisione, l’uragano colpirà fra 48 ore, di che portata saranno le piogge dei monsoni, o la perturbazione che colpirà l’Italia nei prossimi giorni; questi sono gli orizzonti da scoprire nei prossimi anni, questi sono i traguardi che scientificamente si possono e si devono raggiungere per la sicurezza e lo sviluppo di tutti.