E’ notizia di questi giorni la clamorosa decisione del governo (che per la verità risale a diversi anni or sono) di proibire ai meteorologi – specialmente quelli che lavorano nelle istituzioni governative – di occuparsi di cambiamenti climatici e di parlarne coi media. Il motivo? A detta del Governo i meteorologi non avrebbero l’istruzione e le qualifiche adeguate per trattare tali argomenti.
La decisione è stata presa sulla base di un protocollo governativo di comunicazione del 2006, il cosiddetto Protocollo Harper (creato dal partito del primo ministro Stephen Harper). Trattasi di un documento che regola il principio del flusso di informazioni e la comunicazione tra le autorità statali e la stampa, la televisione e la radio.
“Gli esperti del Ministero dell’Ambiente Canadese si occuperanno dei temi relativi al loro campo di studio”, ha dichiarato il portavoce del Governo, Mark Johnson. “I meteorologi si occuperanno di fornire informazioni circa il tempo atmosferico, non sul clima” – ha proseguito nella mail spedita ai giornalisti. Nella stessa mail si legge, come detto pocanzi, che i meteorologi non avrebbero l’istruzione e le qualifiche adeguate per occuparsi di tali argomenti. “Le domande riguardanti i cambiamenti climatici e le previsioni meteorologiche a lungo termine dovrebbero essere indirizzate ai climatologi e ad altri esperti nel campo delle scienze”.
Tra le altre cose, il Protocollo Harper prevede che i ricercatori e i collaboratori del governo debbano richiedere l’autorizzazione ufficiale per poter parlare con i giornalisti. Tali aspetti si stanno ripercuotendo negativamente sui siti di notizie. “Negli ultimi tempi abbiamo registrato un calo d’interesse dell’80% da parte dei media in tema di scienza e ambiente”, è quanto emerso in una nota interna al Ministero clamorosamente finita in mano alla stampa. Stampa che valuta come una “museruola” quanto messo in atto dal Governo, opinione peraltro condivisa dal 90 per cento della comunità scientifica. “Gli scienziati, in Canada, non si sentono più liberi di discutere del loro lavoro per paura delle conseguenze che il loro giudizio possa essere discordante dalle fonti ufficiali governative”, è quanto ha dichiarato uno dei più importanti esponenti scientifici canadesi.