La sensazione di caldo che il nostro corpo percepisce non varia solo in funzione della temperatura, ma è strettamente legata all’umidità. Quando si crea il mix di alte temperature e di elevati tassi di umidità, il calore avvertito sarà molto più alto (specie nelle grandi città). E’ quello che sta accadendo in questi giorni di gran calura: quando il caldo raggiunge livelli elevati, nel linguaggio che ci viene propinato dai media si è ormai diffuso da tempo il concetto di temperatura percepita. Spesso questi valori vengono diffusi al grande pubblico come se fossero stati misurati dai termometri, quando invece non sono altro che il risultato del fattore combinato di temperatura reale sommata all’alta umidità. E’ giusto diffondere le temperature percepite al posto di quelle realmente misurate dagli strumenti? A nostro avviso no, se l’informazione non viene compresa nel giusto significato e crea confusione.
Spesso si fa poi confusione tra il caldo torrido (secco) e quello afoso (umido). La sensazione di afa è dovuta ad una serie di fattori, tra cui la temperatura dell’aria e l’umidità relativa. In queste condizioni e senza più l’apporto refrigerante del sudore la temperatura del corpo umano tende a salire con possibili colpi di calore, nel caso vengano superati valori estremi. Sono stati creati vari metodi differenti per evidenziare la temperatura percepita dal corpo e non quella reale. I tre più diffusi indici sono l’Heat Index / Apparent Temperature (Steadman, 1979), Summer Simmer Index (Pepi, 1987) e l’Humidex (introdotto originariamente in Canada, 1965). Il più famoso ed utilizzato è l’indice di calore (Heat Index), utilizzato per temperature uguali o superiori ai 27°C ed umidità relativa uguale o maggiore al 40%. Con temperature oltre 42° l’indice attribuisce sempre la classe estrema di elevato pericolo.