Thomas Cram e i suoi colleghi dell’Università del Colorado a Fort Collins stanno tentando di simulare i processi di scambio energetico tra l’eyewall degli uragani e i loro occhi. Hanno scoperto che l’eyewall è veramente una barriera rigidissima e quasi impenetrabile. Hanno scoperto che vi sono due diverse forze che agiscono su di esso: la prima è il calore, che amplifica l’intensità degli uragani, la seconda è l’aria secca che dall’esterno dell’eyewall può penetrare all’interno, frenando la forza dell’uragano stesso.
Altri gruppi stanno analizzando le dinemiche dell’occhio stesso. James Kossin dell’Università del Wisconsin, ha affrontato lo studio dei rilievi e delle immagini satellitari dell’uragano Isabel, che ha colpito la costa est degli Stati Uniti nel 2003. Il Dr Kossin ha notato (in verità l’abbiamo notato proprio tutti) che all’interno dell’occhio si potevano distinguere chiaramente dei singolari vortici, a forma di stella marina. Questo si è dimostrato particolarmente importante, in quanto le simulazioni al computer avevano predetto che la circolazione al cuore degli uragani doveva necessariamente possedere queste caratteristiche, che tuttavia non erano mai state osservate prima. Questo comportamento solleva dubbi sulle validità della modellistica al calcolatore, la quale è stata fin qua semplificata considerato l’occhio avente una forma perfettamente simmetrica.
E’ stato dimostrato da Kossin che tali vortici sono particolarmente efficaci nel trasporto di massa (dunque vento) dall’eyewall sino al centro dell’occhio.
Non ci sono solo fattori a mesoscala ad influenzare gli uragani. Il Prof. Dunion dell’Hurricane Research Center, ha studiato per molti anni lo strato d’aria al di sopra del deserto del Sahara – una vasta e spessa coltre di aria molto calda e secca – che durante l’estate si alza e si allontana dalle zone di origine per recarsi, intatta, sino ai Caraibi occidentali. Sebbene tale meccanica sia nota sin dagli anni 60, non è stato possibile verificarne strumentalmente l’esistenza sino a tempi recenti. Dunion è riuscito a tracciarne il percorso attraverso l’utilizzo di diverse immagini satellitari all’infrarosso a diverse frequenze di scansione. Tali frequenze sono particolarmente indicate nell’evidenziare le masse di aria calda e quelle contenenti particolati di sabbia in sospensione, così da poterne sovrapporre i risultati allo scopo di contrastarne i contorni.
L’importanza di queste avvezioni calde e secche è fondamentale per capire l’interazione che le tempeste tropicali atlantiche hanno con esse. Dal momento che l’aria supersecca inibisce l’intensificazione degli uragani, è anche comprensibile il motivo per cui 9 uragani di categoria 3 o superiore della scala Saffir Simpson spesso incomprensibilmente si indeboliscono contro ogni previsione nei momenti più inattesi.
Nella prossima e ultima parte analizzeremo le più moderne tecniche di previsione dei fenomeni tropicali violenti.