Ivan, sin ad ora il più potente uragano del 2004, annata particolarmente feconda di uragani, ha devastato gran parte dei Carabi ed ha ucciso dozzine di persone prima di terminare la sua corsa sulla costa settentrionale del golfo del Messico. Come Charley e Frances prima di lui, e forse farà Jeanne dopo di lui, Ivan ha causato sostanziali danni alla proprietà privata.
E’ un fatto che il costo degli uragani negli ultimi anni sia salito vertiginosamente, non solo perché gli uragani stanno diventando più forti (e quest’anno è rappresentativo), ma perché sempre più persone decidono di andare ad abitare lungo la costa, dove gli uragani infliggono la maggior parte della devastazione.
Gli immobili, ovviamente, non possono essere spostati, ma certo lo può essere la popolazione, se avvertita con sufficiente anticipo. Di conseguenza gli uragani, al giorno d’oggi, causano molti meno morti di una volta. Nel 1900, per esempio, l’uragano di Galveston uccise più di 8000 persone.
Questo miglioramento è in parte dovuto a migliori previsioni. Ci sono due aspetti di un uragano che i meteorologi cercano di predire: la posizione e l’intensità. Ed infatti, sebbene siano stati fatti miglioramenti sostanziali nella previsione e nel tracciamento del percorso di un uragano, prevedere la sua intensità è tutt’un’altra storia. Nonostante l’enorme incremento della capacità elaborativa dei moderni computer (e altre innovazioni tecnologiche, come i nuovi satelliti meteorologici e le capsule lanciate dagli aerei, i cui movimenti possono essere tracciati con il GPS), la previsione dell’intensità di un uragano è praticamente basata sulle stesse tecniche del 1974.
Secondo Sim Aberson, uno scienziato della divisione di ricerca sugli uragani del NOAA a Miami, il tutto è semplicemente un problema di risoluzione. I modelli predittivi degli uragani riducono la tempesta in una griglia di punti che interagiscono l’un l’altro, secondo le regole fisiche imposte dal modello. Nonostante i recenti incrementi di potenza elaborativa, la più piccola dimensione di griglia che i modelli riescono a gestire è di circa 1×1 km. Sfortunatamente le leggi fisiche che impongono agli uragani di aumentare o diminuire la propria potenza hanno luogo in regioni della tempesta molto più piccole di così. In particolare, il “muro dell’occhio” (eyewall in inglese), e cioè la regione dell’uragano con i venti più forti, attorno al più tranquillo occhio vero e proprio, è spessa solo poco più di un chilometro, e capire la natura dell’eyewall è cruciale e fondamentale per capire il comportamento dell’uragano.
Vedremo nella seconda parte quali sono i fenomeni che stanno alla base delle dinamiche dell’eyewall.