Gli incendi boschivi rappresentano una delle maggiori cause di destabilizzazione dell’ecosistema terrestre e indirettamente del tempo e del clima. Pare infatti che esista più di una semplice corrispondenza tra l’andamento dei roghi di origine naturale e non e il riscaldamento globale alle medie e alte latitudini. Migliaia sono le tonnellate di carbonio rilasciate sotto forma di CO2 o CO durante tali eventi distruttivi in tutto il globo.
Per fare un esempio nel 2000 gli Stati Uniti registrarono la peggiore annata per quanto riguarda gli incendi boschivi dal 1910, quasi 80000 roghi bruciarono 6,8 milioni di ettari con un costo per le autorità stimato in oltre un miliardo di dollari.
Quando si parla di incendi in queste zone (USA, CANADA, Foreste Equatoriali, ecc) le dinamiche sono sicuramente differenti rispetto ai roghi che siamo abituati a vedere nelle zone mediterranee.
Tali incendi infatti, bruciano per giorni e alcuni per settimane e i mezzi di soccorso mirano solo a salvaguardare gli insediamenti umani minacciati piuttosto che la massa di verde. In realtà non è cosa facile estinguere incendi che presentano pure 30 km di fronte che in presenza di forte vento possono avanzare alla velocità di 30-40 km orari.
Un aiuto a proposito ci viene dato dai sensori termici montati a bordo dei satelliti della serie NOAA o MODIS nonché da quelli del nuovo MSG (Meteosat 8).
Grazie ai dati trasmessi a terra è possibile monitorare sia le aree bruciate per una stima quasi perfetta degli ettari percorsi dal fuoco, sia gli incendi attivi per un’eventuale coordinamento delle forze di spegnimento.
In genere gli algoritmi per la “fire-detection” sfruttano 2 canali spettrali particolari uno centrato attorno ai 4 micron e uno su i 10 micron. La caratteristica peculiare è che il primo risulta particolarmente sensibile a sorgenti termiche sopra i 600-800°K e dunque all’incendio mentre il secondo ad una temperatura intorno ai 300°K ossia a quella del suolo in condizioni normali.
Il metodo più semplice per rilevare un rogo attivo è quello basato sulla soglia fissa ossia, in base alle caratteristiche del suolo esaminato si fissano alcuni valori di “threshold” per la temperatura di brillanza rilevata dal sensore del satellite la quale se oltrepassa tale valore può indicare un possibile incendio.Sono ovviamente necessarie varie operazioni di calibrazione per evitare da una parte i falsi allarmi e dall’altra errori di ommissione.
Un affinamento della tecnica precedente che ci permette pure una stima delle dimensioni dell’incendio qualora sia confinato all’interno di un solo pixel è quella che utilizza in concomitanza con la temperatura sui 4 micron la differenza tra le temperature rilevate nei 2 canali (uno a 4 micron e uno a 10 micron). Tale procedura serve in sostanza ad eliminare possibili “accecamenti” del sensore dovuti a particolari condizioni di emissività del suolo nonché al solito effetto atmosferico. Si è visto infatti che, nubi basse e sottili spesso possono apparire come degli incendi.
Altre tecniche, denominate a soglia variabile o contestuali utilizzano alcuni dati statistici da differenti bande spettrali per dedurre informazioni utili o dati ancillari al fine di migliorare l’applicabilità dei valori di soglia alle particolari condizioni del suolo. In effetti l’utilizzo di algoritmi a soglia fissa studiati per determinate zone possono non andare bene se applicati in altre regioni. Cambiano perciò la risposta spettrale della vegetazione e del suolo e di fatto si genererebbero troppi errori.
Attualmente esistono decine di algoritmi implementati per differenti regioni del globo e numerosi centri di elaborazione di dati provenienti dai vari satelliti come i NOAA e MODIS alcuni direttamente in tempo reale.
Tuttavia soprattutto per quanto riguarda l’area mediterranea, la recente messa in orbita e il funzionamento del satellite geostazionario MSG con risoluzione alle nostre latitudini di circa 4 km permette un monitoraggio continuo con ripetizione ogni 15 minuti. Nonostante la risoluzione moderata è possibile comunque rilevare un incendio delle dimensioni di 0.03 km quadri.
A questo punto, mediante una tecnica di “change-detection”, dovrebbe essere possibile così come già si fa con il satellite GOES per le longitudini americane, rilevare tempestivamente gli incendi soprattutto nelle stagioni e nelle zone a rischio al fine pure di organizzare al meglio la macchina operativa.
In un futuro non troppo lontano sarà dunque possibile far fronte più efficacemente ad una piaga che purtroppo affligge in maniera sempre più acuta i boschi delle nostre zone.