La notizia è proprio di oggi: confidando nell’effetto serra e nel progressivo riscaldamento, si vuole tornare a produrre vino anche in Inghilterra, oltre che a coltivare altre varietà di piante adattate al clima delle basse latitudini, come il mandorlo, ad esempio.
La presenza della vite in Gran Bretagna non rappresenta, comunque, una novità assoluta.
Abbiamo più volte ricordato, in vari articoli, delle evidenze di un clima medievale più caldo di adesso.
Le “prove”, mancando le rilevazioni termometriche, stanno negli altri “segnali” naturali che ci sono pervenuti dai documenti storici: le siccità mediterranee molto frequenti, ad esempio, l’impaludamento di diverse aree costiere, in seguito all’aumento del livello del mare, ecc.
Sappiamo che Eric il Rosso impiantò una colonia in Groenlandia, chiamandola “Terra verde” (“Green – land”, appunto), le cavallette africane invasero nazioni come l’Ungheria, l’Austria, la Germania, arrivando addirittura sulla Scandinavia.
E, appunto, abbiamo la presenza della vite in Gran Bretagna, una presenza stabile e duratura, che risale per lo meno al IX Secolo, e durò fino ai primi del ‘400, quando il clima divenne improvvisamente così rigido, in particolare durante l’inverno, che la vite non riuscì a sopravvivervi.
Fu infatti l’eccessivo freddo invernale a distruggere le coltivazioni della vite, ed a mettere fine ad un vino “inglese” che all’epoca era piuttosto apprezzato!
Ma, se nel ‘400 fu il freddo invernale ad uccidere le viti fino alle radici (frequenti furono infatti gli episodi di gelo del Tamigi, mentre adesso sono quasi 200 anni che non gela in modo così ferreo da consentire di effettuare “fiere del ghiaccio” sul fiume nel cuore di Londra), ora il problema sono le condizioni del tempo estivo.
Se l’inverno è diventato nettamente più mite, negli ultimi 100 anni, in Gran Bretagna, le Estati si sono scaldate di meno, e la piovosità estiva tipica di queste zone rischia di danneggiare la maturazione dell’uva.
In altre parole, si rischia di avere un prodotto di basso grado alcolico e di scarsa qualità, non in grado di reggere sul mercato con i ben più importanti vini mediterranei.
Tuttavia, sappiamo che non sempre le coltivazioni dipendono dal cambiamento climatico.
Durante la seconda metà del XVI Secolo, infatti, gli olivicultori francesi riuscirono a spingere la coltura dell’olivo oltre il Mediterraneo, fino al Nord della Francia, sfidando il gelo dell’inverno ed il clima che, proprio in quegli anni, si faceva sempre più rigido.
Insomma, la tenacia, i lavori di protezione artificiali, ed altri accorgimenti possono comunque sopperire alle carenze climatiche, permettendo così la coltivazione di varietà altrimenti destinate a morire o ad essere improduttive a quelle temperature medie.