Dagli archivi storici un interessante documento sulla terribile carestia che ci fu a cavallo tra il 1763-64 ( una replica ci fu nel 1816 ), quando si cita in modo esplicito l’assoluta mancanza di neve per tutta quella stagione invernale.
Importante ricordare che tale periodo rientra nella famosa “Piccola Era Glaciale” che ebbe il suo apice di espansione nel 1850.
“terribile fu la carestia del 1764 anche a Casalciprano, e l’arciprete del tempo D. Tommaso Perna così ne fa la descrizione in uno dei libri parrocchiali: “Avviso che si dà ai nostri successori sulla carestia insoffribile patita nel 1763 in 64, affinché spesso la manifestassero ai Figliani nei discorsi parrocchiali per ritirarli dalla strada del peccato a quella della virtù, giacché è verissimo che propter peccata venient adversa, e Dio non essendo corrisposto con la vocazione delle prosperità in questa valle di lacrime, affinché l’uomo non abbia di chi lamentarsi sarà nel giudizio finale.
E voi, o miei cari successori, nel pubblicarlo farete in carità pregare Dio per me ed io lo pregherò per voi, se sarò in luogo di salvezza, come spero. Essendo uscito dallo scorso anno 1764, in cui abbiamo sperimentato, a proprie spese, come la Divina Giustizia, da peccatori offesa, se farsi conoscere, quando sa punire in questa valle di miserie qualora gli uomini vogliono essere ostinati nelle loro iniquità e trasgrediscono la sua legge, voglio per salutifero ricordo narrare brevemente le angustie in cui si è trovato non solo questo mio popolo di Casalciprano, ma tutta la Diodesi, anzi le provincie di tutto questo Regno, e punto non erro se dico quasi il mondo, per la carestia sofferta per un intero anno incominciato e terminato fra il 1763 in 64, avendo voluto che verificato si fosse quella sua terribile minaccia che nel salmo 88 ci fa per bocca del
Profeta: “Si iustitias meas profanaverint et mandata mea non custodierint, visitabo in virga iniquitates sua; et in verberibus peccata eorum.
Sicché scorgendo che ai nostri tempi ugualmente che a quelli antidiluviani omnis caro corrupevat viam suam, destinò un diluvio di miserie nella Terra. Questo nostro Regno che se ha vantato per favore della Divina Provvidenza l’abbondanza di tutti i viveri, in detti tempi ha sofferta la scarsezza totale dei medesimi.
Avvegnacchè il grano giunse al prezzo di ducati 6 al tomolo (cosa mai intesa dai nostri vecchi) se era di qualche buona condizione, e quello di qualsivoglia
qualità a ducati 5; il granodindia, orzo e spelta a ducati quattro e mezzo e anche cinque, i legumi allo stesso prezzo. Il vino a grani 3 la caraffa, l’olio a carlini 3 lo staio ed anche a grani 34 e 35; il lardo a carlini 12 e più la decina, le galline a carlini due l’una, li pollastri a grani 10 l’uno, l’ova a un grano e talvolta a mezza cinquina l’uno.
Fu totale la scarsezza di pesci, di frutta e di ghiande ed anche di neve, la verdura non comparve sulla terra, neppure la campestre e quel che non mangiano i bruti, furono cibi desiderati dagli uomini.
Si mangiano carni più abominevoli e che non sono in uso, dei cani, dei gatti, asini e più anche serpi. Le ossa di qualsivoglia sorte si raccoglievano nei luoghi sporchi dai poveri famelici, si bruciavano nel fuoco, si rodevano coi denti le parti abbrustolite e servivano per cibi.
Entravano nelle stalle dove erano cavalli, scioglievano di questi lo sterco e sceglievano grani di orzo e se li mangiavano, siccome con somma mia afflizione osserva con i propri occhi nell’amministrare i SS.
Sacramenti e nell’assistenza ai moribondi. Per l’insoffribile fame, anche le persone onestissime cedevano al proprio onore, a cui non avrebbero mancato prima per qualsiasi tesoro”
Per www.meteomolise.com, Pasqualino Battista