Conosciamo bene la storia della conquista Vichinga della Groenlandia, colonozziata dagli islandesi capeggiati da Erik il Rosso attorno all’anno 1000 D.C., e che divenne, nei secoli successivi, una colonia ricca e prosperosa. Nel momento del suo massimo fulgore, la “gelida” Groenlandia ospitò oltre 3000 persone, circa 190 fattorie ed una sede vescovile. La colonizzazione dell’Isola venne favorita da quel periodo climatico caldo noto come Periodo Caldo Medievale, che causò una ritirata dei ghiacci e una conseguente maggior facilità di navigazione nei freddi mari dell’estremo nord del mondo.
E riguardo ai ghiacci polari, oltre alla ridotta estensione dedotta dai viaggi effettuati dai Vichinghi in Groenlandia, abbiamo anche un riscontro da parte dell’Islanda, mite e prospera come non mai, e dove nel XI Secolo, sono probabilmente scomparsi totalmente i ghiacci polari dalle coste settentrionali dell’isola, e per un periodo di oltre 100 anni, fenomeno che non si è più verificato, così a lungo, nei Secoli successivi.
Inoltre, si è assistito alla rarefazione, per non dire scomparsa, in Europa, degli episodi rigidi invernali, in particolare tra il X e l’XI Secolo, quando, nel corso di questi circa duecento anni, non si hanno notizie di episodi quali il gelo della Laguna Veneta, o di altri importanti corsi d’acqua italiani od europei, se non in due unici episodi (1010-11 e 1092-93).
Infine, impossibile non citare la prosperità economica del Medioevo, dove le carestie derivarono principalmente dalle molte guerre e dalle malattie, ma la coltivazione del grano e degli altri cereali era favorita da un clima più caldo ed asciutto. Il nemico dei cereali è principalmente, infatti, il clima umido, che fa marcire le piante e sviluppare le aggressioni delle muffe.
A dimostrazione di questo, la più grande carestia del Medioevo avvenne nel decennio 1310-20, caratterizzato da un clima piovosissimo e freddo, che praticamente impedì la coltivazione del grano per alcuni anni consecutivi.
Le cavallette africane invasero a più riprese il nostro Continente, spingendosi a volte fino all’Ungheria od alla Germania, o, addirittura, alla Penisola Scandinava.
In Francia si espansero i boschi di querce, ampi ed adatti ad un clima più caldo, il che favorì l’allevamento del bestiame al di sotto di essi, in quanto boschi radi, aumentando la prosperità contadina.
In Inghilterra si coltivò la vite, e si produsse vino per alcuni secoli, fino a latitudini anche oggi impensabili, se non con cultivar apposite selezionate e sistemi di coltivazione moderni.
Tutta questa serie di indizi “storici”, sembra dimostrare che nel periodo Medievale il clima fosse caldo almeno quanto il mite periodo attuale, in alcune zone probabilmente anche di più, anche se, come detto, manca la controprova delle misurazioni termometriche.
Ma quale sarebbe la causa naturale di questi cambiamenti climatici dell’ordine di Secoli?
Il Sole resta il primo imputato, con le sue variazioni di attività, correlate abbastanza bene con l’alternanza dei periodi di caldo e di freddo sul nostro Pianeta.
Vi sono testimonianze di una elevata attività solare nel IX Secolo, con aurore boreali frequenti anche alle latitudini mediterranee.
Tuttavia, non è detto che ciò che portò ad un riscaldamento climatico nel periodo medievale sia lo stesso fattore responsabile del Global Warming attuale; anzi sappiamo che il mondo della ricerca climatologica ha indirizzato le sue attenzioni maggiormente alle variazioni della concentrazione di CO2 in atmosfera, sebbene la variante solare sia stata recentemente rivalutata da alcuni studiosi.
Vi è da rimarcare, infine, che nel Medioevo il grande riscaldamento climatico non ha danneggiato l’Umanità, rendendo anzi più prospera l’agricoltura su molte zone.