Nel luglio 1961, Walter Bonatti, con i compagni Andrea Oggioni e Roberto Gallieni, decise di effettuare la scalata al Monte Bianco per l’ancora inviolato Pilone Centrale del Freney, un pilastro granitico che si innalza sopra il ghiacciaio del Freney, nel versante sud del Monte Bianco. Lungo il percorso di avvicinamento, Bonatti e gli altri pernottarono, la notte tra domenica 9 e lunedì 10 luglio, al Bivacco della Fourche, incontrandovi la cordata francese guidata da Pierre Mazeaud, comprendente anche Pierre Kohlmann, Robert Guillaume e Antoine Vieille
Bonatti si offrì, essendo i francesi giunti per primi al bivacco, di lasciare a loro il tentativo di scalata del Pilone, ma Mazeaud declinò l’offerta di Bonatti e gli propose di unirsi ed effettuare insieme l’ambizioso tentativo.
Dopo un primo bivacco in parete, tra lunedì 10 e martedì 11 luglio, nella tarda mattinata di martedì le due cordate raggiunsero la base della “Chandelle”, la cuspide sommitale del Pilone, quasi a 4500 metri di quota. Da quel punto, secondo i calcoli di Bonatti, avrebbero potuto raggiungere la vetta, dopo aver scalato i 140 metri della Chandelle e successivamente percorso la cresta sommitale, in 6 ore, avendo poi, a mezz’ora dalla cima, la sicurezza del punto d’appoggio offerto dalla Capanna Vallot.
Era da poco passato il mezzogiorno di martedì quando Mazeaud iniziò a scalare la Chandelle. Saliti circa 80 metri della cuspide, vide avanzare le nubi da ovest e sentì il tuono. Lasciò il suo martello fissato alle corde e ridiscese sul terrazzino dove erano i compagni, arrivandovi contestualmente al sopraggiungere del temporale. Era l’inizio del dramma, quel martello rimase lassù, nessuno di loro riuscirà più a raggiungere il luogo dove Mezeaud l’aveva fissato.
Il maltempo imperversò infatti per tutta la settimana. Subito gli alpinisti ebbero il primo grosso problema, sotto forma di una scarica elettrica che colpì Kohlmann, ustionandogli la faccia e distruggendogli l’apparecchio acustico (l’alpinista francese era infatti sordo), ma il problema vero fu che le cordate rimasero bloccate, in attesa di un miglioramento che non venne mai, bivaccando in condizioni impossibili, soprattutto per il freddo intenso, per ben tre notti. Possibile, si diceva Bonatti, che in pieno luglio non si riuscisse ad avere una “finestra” di bel tempo di sole 6 ore? Con il maltempo che non dava tregua, però, all’alba di venerdì 14 luglio, Bonatti ruppe gli indugi e decise di tentare la discesa, ma solo tre dei sette alpinisti (Bonatti, Gallieni e Mazeaud) riuscirono a giungere vivi a valle.
Gli altri quattro morirono per lo sfinimento nei giorni successivi, mentre nella neve fresca altissima si aprivano faticosamente la via verso la salvezza. Vieille morì la mattina di sabato 15 luglio ai Rochers Gruber, Guillaume cadde nel pomeriggio di quello stesso giorno in un crepaccio del Ghiacciaio del Freney. Al Canalino dell’Innominata, ultimo vero ostacolo, trasfigurato dalla neve e dal ghiaccio, sarà la volta di Oggioni, bloccato da un nodo delle corde ghiacciate sull’ultima parete di ghiaccio, a meno di un’ora dalla salvezza, rappresentata dal tepore della Capanna Gamba, oggi smantellata.
Al Canalino dell’Innominata i 5 superstiti giunsero stremati all’imbrunire di sabato 15 luglio. Bonatti risalì il canalino e sbucò sul sovrastante Colle dell’Innominata, presto raggiunto da Gallieni e successivamente da Kohlmann, poi attese a lungo che il compagno e amico Oggioni riuscisse a liberarsi dal garbuglio ghiacciato, ma il forte alpinista brianzolo era allo stremo delle forze e non riuscì nell’impresa. Bonatti decise allora di scendere con Gallieni e Kohlmann alla Capanna Gamba, per poi far giungere velocemente al Colle dell’Innominata i soccorritori che supponeva si trovassero alla Capanna, lasciando Mazeaud e Oggioni al Canalino. Nella discesa verso la Capanna, a poco più di 10 minuti di marcia da essa, un movimento brusco di Gallieni fu interpretato dalla mente ormai annebbiata di Kohlmann come un tentativo di aggressione e il francese si avventò su Gallieni. Bonatti accorse in sostegno di Gallieni e insieme riuscirono a neutralizzare Kohlmann, ormai fuori di se, perdendo però altro tempo prezioso.
Alle 3 del mattino di domenica 16 luglio, Bonatti e Gallieni arrivarono finalmente alla Capanna Gamba, dove inopinatamente dormivano le squadre di soccorso, ben 34 persone. I soccorritori si mossero subito verso il Colle dell’Innominata, ma trovarono Kohlmann e Oggioni già morti, riuscendo a trarre in salvo il solo Mazeaud. In Italia suscitò commozione soprattutto la scomparsa del 31enne Andrea Oggioni, fortissimo rocciatore brianzolo formatosi sulle pareti delle Grigne e successivamente nelle Dolomiti
Il comportamento delle squadre di soccorso, capitanate dalla guida Ulisse Brunod, fu molto criticato. Era evidente che Bonatti e i suoi, ammesso che fossero ancora vivi, dovevano essere allo stremo delle forze. Nel tardo pomeriggio di sabato, quando Brunod e i suoi si stavano già attrezzando per la notte, i forti alpinisti americani Harlin e Hamming cercarono di convincerlo a organizzare un soccorso notturno al Colle dell’Innominata. Harlin e Hamming sostenevano di aver sentito delle voci sul Ghiacciaio del Freney, essendosi così convinti che potessero essere quelle delle cordate del Pilone, in ritirata verso la Capanna Gamba. Dopo aspra discussione, Brunod decise però che non fosse possibile andare al Colle dell’Innominata con l’oscurità e la tormenta in atto, rinviando i soccorsi al mattino successivo. Harlin e Hamming, non potendo pensare di condurre da soli l’operazione di soccorso di 7 persone in quelle condizioni atmosferiche, dopo aspra discussione, lasciarono sbattendo la porta la Capanna Gamba diretti a valle.
I dati meteo di Courmayeur (m 1224) della settimana della tragedia del Freney, gentilmente forniti dalla Regione Valle d’Aosta, mostrano un vistoso peggioramento, con annesso forte calo termico, rispetto alla settimana precedente, anche se i valori di pioggia non sembrano tali da giustificare gli enormi accumuli nevosi che furono registrati sul massiccio del Bianco, dove probabilmente il fattore orografico esaltò le precipitazioni. Dopo i 16 mm dei primi tre giorni di luglio, frutto di temporali scoppiati in un contesto di tempo caldo (massime tra 25° e 26°C), nel periodo compreso tra martedì 4 luglio e lunedì 10 luglio a Courmayeur non piovve mai e la temperatura rimase elevata, con minime tra 10° e 16°C e massime tra 19° e 28°C.
In paese non piovve neppure martedì 11, quando ancora non era giunta l’aria più fredda, come dimostrato dai 13°C di minima e dai 25°C di massima e dalla presenza dell’isoterma +13°C a 850 hpa (zero termico sui 3600-3700 metri). Da mercoledì 12 a sabato 15, invece, caddero 42 mm di pioggia a Courmayeur (il giorno più piovoso fu mercoledì con 17,6 mm), con i seguenti estremi termici: mercoledì 12°/22°C (in questa giornata, in una fase calda prefrontale, giunse brevemente l’isoterma +16°C a 850 hpa), giovedì 8°/14°C, venerdì 7°/15°C, sabato 9°/14°C. Evidente quindi il forte raffreddamento subentrato da giovedì 13 luglio, evidente anche dalle mappe delle isoterme a 850 hpa del periodo, oscillanti tra +8° e +11°C. A 4400 metri, dove erano rimasti bloccati Bonatti e i suoi compagni, il freddo divenne insopportabile, anche se lo zero termico non scese sotto i 2700-2800 metri, un valore notevole ma affatto eccezionale per il mese di luglio nelle Alpi Occidentali.
Dopo i 2,2 mm di domenica 16 luglio, con estremi termici 8°/17°C a Courmayeur, il tempo si stabilizzò e le temperature risalirono. Nella restante parte del mese caddero solo 6 mm di pioggia, le temperature minime scesero solo 2 volte sotto i 10°C (8°C il 18 e il 30 luglio), mentre solo il 29 luglio la massima scese sotto i 20°C, fermandosi a 19°C.