MARZO PAZZERELLO In generale, il primo mese di primavera vede rincorrersi vicende meteo alterne, con repentine variazioni termiche. Non di rado, possono verificarsi bruschi rialzi termici nella seconda decade di marzo, a cui seguono facilmente frequenti battute d’arresto, proprio all’alba della primavera, nei primi giorni della stagione dal punto di vista astronomico. Invasioni fredde ed instabili molto aggressive, nella terza decade di marzo, si sono verificate anche nel passato recente, ma non in questi ultimi anni con l’alta pressione che riesce a spadroneggiare. In questa sede ripercorriamo brevemente quel che è accaduto nel 2008 e nel 2007, annate dove l’impronta artica ha lasciato davvero il segno in avvio di primavera.
IL CASO DEL 2008 La sfuriata artica era sopraggiunta fra il 23 ed il 24 marzo: un’importante discesa d’aria instabile artico-marittima ha trovato sfogo verso l’Europa e fin sul Mediterraneo Centro-Occidentale, grazie al ponte anticiclonico in aperto Atlantico che, slanciato verso nord, ha accentuato questa dinamica risposta fredda meridiana. Giornate speciali, erano infatti le festività di Pasqua e Pasquetta, e proprio nella giornata del Lunedì dell’Angelo un’edizione speciale del Meteo Giornale raccontava in tempo reale la cronaca della furia del maltempo, del freddo e della neve che avevano caratterizzato il ponte festivo. In quel 23 marzo 2008 (Pasqua), forti rovesci di neve a grani si sono veduti su Milano, fioccate a ripetizione, anche fitte, sono state ammirate sulle province del centro nord della Lombardia. Fiocchi di neve sul bellunese, il basso Canton Ticino, con prati imbiancati. La neve è scesa nelle Marche, alle basse quote della Toscana. Scenari diversi al Sud, con la transitoria azione calda dal Nord Africa che aveva spinto le temperature fino ad oltre 20 gradi. Capovolgimento della situazione meteo a Pasquetta (24 marzo), proibitiva su gran parte del Centro-Sud con venti forti e neve sui rilievi, mentre era andata meglio al Nord-Ovest con sole e correnti più secche favoniche.
IL CASO DEL 2007 Un’intensa saccatura aveva pilotato un nucleo gelido d’estrazione groenlandese sul cuore del Mediterraneo tra il 20 ed il 21 marzo, portando una scorpacciata di maltempo invernale come mai si era avuto in tutta la stagione fredda, contrassegnata da un totale anonimato. Queste vigorose ondate artiche, che giungono nel bel mezzo della primavera, mostrano maggiori sussulti instabili per via del contributo dovuto alla termoconvezione, con il soleggiamento che incide in misura già significativa, a differenza di quanto accade nel cuore dell’inverno. Le termiche alla quota di 500 hPa hanno oscillato su valori prossimi ai -35°C su gran parte dei bacini italiani. I bassissimi geopotenziali (altezza di 500 hPa fino addirittura al di sotto dei 5200 metri, soglia estremamente rilevante in qualsiasi periodo dell’anno) hanno creato le ideali condizioni per il rovesciamento improvviso dell’aria dalle quote più alte verso il suolo.
FIOCCHI FINO IN PIANURA In quell’inizio di primavera del 2007 fu determinante proprio il rovesciamento d’aria gelida verso il basso che si realizza in corrispondenza dei rovesci, tanto che nei fenomeni più intensi e prolungata la quota neve, oltrechè degli stessi accumuli nevosi, può spingersi davvero verso quote decisamente più basse rispetto allo zero termico. Ciò è accaduto in molte zone, con fioccate cospicue in alcune località di pianura dell’Emilia e della Romagna. Neve a quote basse collinari anche sull’Appennino Toscano e sulla Sardegna. Tali quote così basse non si spiegherebbero da sole con le termiche presenti a 850 hPa, ma proprio alle potenzialità dell’aria prettamente gelida presente alle quote più elevate.