Le Alpi sono probabilmente quelle che più hanno risentito di questo autunno anomalo: settimane interminabili d’anticiclone con temperature elevate in quota hanno significato assenza di precipitazioni. Crisi inevitabile per i ghiacciai, che non hanno potuto contare sugli importanti apporti nevosi stagionali, e soprattutto per gli operatori di alta montagna, trovatisi di fronte ad un inizio di stagione complicatissimo per l’assenza di materia prima e con temperature non così congeniali per poter sostituire la neve naturale con quella artificiale.
Già da alcuni giorni ci sono cenni di cambiamento, si prova a rimediare al disastro delle ultime settimane, ma non è semplice: i passaggi perturbati atlantici hanno messo parecchio movimento, ma le correnti da O/NO che caratterizzano l’attuale scenario non sono certo l’ideale per apportare consistenti apporti nevosi. Le zone più esposte sono quelle oltre confine, dove l’anomalia dell’autunno siccitoso è stata lo stesso notevolmente marcata: in questo frangente aria più fredda sta consentendo ai fiocchi di neve di scendere sensibilmente di quota, in qualche caso verso i fondivalle di bassa montagna o alta collina.
Nevica per effetto stau, mentre sui versanti alpini e prealpini nostrani si sono invece affermati ampi rasserenamenti per il foehn. Solo briciole quelle che riescono a spingersi sui crinali di confine, con particolare riferimento alla Valle d’Aosta dove lo sfondamento del muro dello stau appare più efficace con prime nevicate attorno ai 1500 metri d’altezza, accompagnate da venti molto forti che non hanno favorito depositi particolarmente importanti del manto bianco.