Il numero totale, o copertura di questi valori è in genere molto elevato,ma mostra delle carenze in alcuni punto del nostro Emisfero: settore atlantico centrale e comparto russo/asiatico.
Quindi sussistono diverse decine di milioni di dati che non presentano una uniformità del tutto omogenea.
In perfetta “sintesi” da quanto enunciato per i sistemi di particelle, possiamo definire uno “spazio degli stati” come quel segmento nel quale ciascun asse sia relativo ad ogni singola variabile puntata su ogni singola griglia atmosferica.
Di conseguenza, lo stato iniziale, ossia le condizioni iniziali determinate da una analisi “x” vengono a rappresentarsi come un “semplice punto” in questo enorme spazio multidimensionale.
L’incertezza che spesso cogliamo nelle elaborazioni deterministche, sempre riferita alla spasmodica ricerca di una condizione iniziale, può essere disegnata entro un “ipervolume” che si muove attorno a questo punto ideale.
In questa ampia fascia di oscillazioni possiamo riscontrare le innumerevoli e spesso distorte letture di un processore numerico.
Tuttavia lo stato iniziale determinato da una analisi numerica è ovviamente approssimato, poiché esso stesso non rappresenta esattamente lo stato reale dell’atmosfera. Frequentemente, questo primo stato, spesso ricade e viene compreso “nell’ipervolume” che rappresenta la fase, ampia o chiusa, nella determinazione di uno stato più prossimo alla reale lettura dell’atmosfera.
Siamo solo ad una progressione di partenza, quindi molti valori confluiscono in questo spazio. Se solo dilatiamo la nostra proiezione nel tempo, sempre nel rispetto di una condizione iniziale ed ottimale, otteniamo valori molto “amplificati” e ben distanti da questa “macchia ipervolumetrica”
Quindi ogni proiezione “modellistica” se riceve nel suo ristretto spazio delle “informazioni” a diretto contatto con la “realtà atmosferica”, potrà contenere l’errore anche nel corso del tempo, senza che esso possa generare ampie “deformità”.
Se invece non si accosta alla stessa realtà, ma subisce brusche “deformazioni” in spazi o segmenti temporali molto brevi, quello che ne scaturisce ad ogni conclusione di run è una totale e divergente “fuoriuscita” dallo stato iniziale (stato pressoché reale). L’errore si amplifica, errore di calcolo, in maniera smisurata e “partorisce” delle soluzione molto “lontane” dalla prima analisi effettuata.
Qui nasce la “crisi” di chi si approccia alla lettura di un modello previsionale. Se da una prima analisi viene “soddisfatta” la stretta relazione tra stato di calcolo e rappresentazione reale dell’atmosfera, il modello in questione, qualsiasi modello, si può inserire in una “verosimile” lettura circa l’evoluzione dell’atmosfera. Se in una seconda, terza o quarta analisi vi sono elementi “carenti” che ci allontano dall’equazione atmosfera reale/simulazione, possiamo ottenere “degli scollamenti” assolutamente divergenti e spesso depistanti.