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Marzo 2013, il tempo che verrà

di Stefano Di Battista
29 Mar 2013 - 08:47
in Editoriali, Fosco Spinedi, Giorgio Bocca, global warming, L'Opinione, Mario Pinna, Marzo, marzo 1987, medie climatiche, meteosvizzera, raffreddamento globale, Riscaldamento globale
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Cambiamento climatico in Svizzera: scarto della temperatura media annuale dalla norma climatica di riferimento 1961-1990. Da 26 anni non c'è più stato un singolo anno più fresco della media.^^^^^Il climatologo Fosco Spinedi.
E se la discontinuità del 1987 si stesse riproducendo in senso contrario? La primavera che non decolla, un finale di marzo piuttosto freddo e l’approssimarsi delle festività pasquali, hanno fatto alzare i toni dei mezzi di comunicazione, la cui memoria storica, in fatto di meteorologia, è spesso labile. Vero è che l’Europa continentale, Valpadana compresa, è condizionata da un sistema barico che sta ritardando l’avvio stagionale, ma l’eccezionalità, intesa come evento privo di precedenti comparabili, non è spendibile di fronte alla situazione attuale. Andando con ordine: a Novara, le terze decadi di marzo, nel XXI secolo avevano registrato solo quattro giorni con massime inferiori ai 10 °C; nel 2013, dal 24 al 28 si è sempre rimasti al di sotto del limite. Nel ‘Bollettino del clima marzo 2013’ diramato il giorno 28 da MeteoSvizzera, che anticipa i dati (provvisori) delle principali stazioni, si rinvengono i seguenti valori medi (tra parentesi, la deviazione dalla norma 1981-2010):
Lugano = 6,3 °C (-1,8 °C)
Zurigo = 2,8 °C (-2,3 °C)

Occorre un balzo all’indietro di 26 anni per ritrovare valori più bassi, ovvero proprio a quel 1987 che rappresenta lo spartiacque del cosiddetto riscaldamento globale, come mostra la seguente immagine, elaborata dal climatologo Fosco Spinedi alla presentazione della nuova norma trentennale, organizzata da MeteoSvizzera lo scorso 7 marzo:

marzo 2013 il tempo che verra 27081 1 2 - Marzo 2013, il tempo che verrà
Per rimanere alle statistiche di marzo, tuttavia, occorre dire che se si scompongono i dati d’archivio in periodi di 25 anni, balzano all’occhio le seguenti medie:
Lugano
1963-1987 = 6,7 °C
1988-2012 = 9,0 °C
Zurigo
1963-1987 = 3,9 °C
1988-2012 = 5,8 °C

In modo più accentuato a sud delle Alpi, l’andamento termico del 2013 rappresentava la normalità prima del 1988. Mesi di marzo particolarmente rigidi a nord delle Alpi si registrarono invece nel 1962, 1944, 1931, 1900, 1892, 1889, 1883, 1868 e, più d’ogni altro, 1865. In Europa centrale però, segnatamente Germania, Paesi Bassi, Belgio e Francia settentrionale, nessun episodio supera quello del 1845, il più gelido degli ultimi tre secoli, e forse oltre (a Berlino Tempelhof oltre -5 °C rispetto al 1865, anche se il marzo 1785 ebbe una media di poco superiore; a De Bild circa -1,5 °C rispetto al secondo evento, il marzo 1748). Tornando dunque alla provocazione iniziale, dato che un inizio di primavera come l’attuale non si vedeva da 26 anni, non potrebbe essere sintomo d’un ripristino delle condizioni climatiche precedenti il riscaldamento globale, una tendenza che finirebbe per riverberarsi su tutto il corso dell’anno? Sarebbe la negazione del totem antropogenico legato ai gas serra, ma l’ipotesi (perché tale è sempre stata) non ha mai trovato adesione plebiscitaria tra gli addetti ai lavori. Lo stesso Spinedi (nella foto successiva, accanto all’eliofanometro di Locarno Monti), rispondendo a una domanda riguardante la Svizzera, postagli durante la presentazione cui si è fatto cenno, ha parlato d’un possibile «cambiamento della circolazione generale. Se l’anticiclone delle Azzorre si sposta un po’ più a sud, convoglierà verso di noi correnti di matrice subtropicale, con temperature maggiori». Lasciando tuttavia perdere l’insieme delle cause, e senza forzare la coincidenza d’una fase solare debole come non si osservava dal 1906 (massimo del ciclo 14), potrebbe essere il caso di riconsiderare quanto sia ancora fragile e frammentaria la nostra conoscenza sul clima, e come certe discontinuità della curva evolutiva (in avanti o all’indietro) si possano produrre senza quei classici segnali di preavviso che la meteorologia del XX secolo aveva catalogato e descritto. Vale inoltre la pena soffermarsi di nuovo su una citazione del climatologo Mario Pinna (1923-2001), utilizzata di recente: «Anche nei paesi evoluti, almeno fino al 1960, dominava l’idea del clima come elemento costante». La trappola culturale potrebbe essere insita proprio in questa visione di sostanziale immutabilità, che conduce all’idea dell’uomo come perturbatore d’un ordine universale dato e in equilibrio perfetto: in fondo, la riedizione del mito del diluvio universale, catastrofe purificante, per il cui tramite il mondo si rinnova.

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