La parentesi climatica più mite che si attende per una parte dell’Europa (soprattutto sulla fascia mediterranea) potrebbe rivelarsi un classico fuoco di paglia: raffrontando alcuni indici di teleconnessione climatica (letteralmente connessioni a distanza), cerchiamo di valutare il destino di quest’Inverno 2010, finora fra i più affascinanti e freddi degli ultimi anni sull’intero Continente, e addirittura il più freddo dal 1962/63 su alcune aree dell’Europa occidentale.
Il Vortice Polare risulta chiaramente ancora molto disturbato e suddiviso in tre tronconi, pertanto non ci sono quelle condizioni atte a trascinare con incisività il flusso mite zonale su gran parte del Continente Europeo. La riprova la abbiamo proprio con l’indice dell’Arctic Oscillation (Oscillazione Artica), che, in base alle proiezioni, sembra a destinato a rimanere ancora su valori costantemente negativi (favorevoli a future irruzioni fredde) anche nel prossimo periodo, come possiamo vedere da quest’immagine.
La corrente a getto in Atlantico appare tuttavia al momento troppo aggressiva per permettere l’erezione di blocchi anticiclonici duraturi e tali da poter convogliare aria gelida artica verso le basse latitudini europee, almeno per i prossimi 7-10 giorni. D’altronde l’indice NAO è previsto posizionarsi su valori solo di poco negativi, per cui è probabile che il flusso zonale basso possa per il momento riuscire a predominare sulle nostre regioni italiane ed in generale sulle nazioni centro-meridionali europee, a conferma di un probabile addolcimento termico su queste zone.
Non bisogna poi trascurare un altro fattore: il Vortice Polare risente pienamente degli effetti dello stratwarming, riscaldamento ancora in atto nei piani più bassi della stratosfera. Questa dinamica sfavorisce nettamente il ricompattamento del Vortice Polare dando invece solidità ad un anticiclone nei piani più bassi dell’atmosfera, quindi questa seconda parte di Febbraio si aprirà con una configurazione barica assai insolita: alta pressione in sede polare e depressione gelida del Vortice più in basso, probabilmente concentrata con i massimi effetti sull’area russo-siberiana. Questa situazione tenderà a trasmettersi negli strati più bassi, quindi nella troposfera, già all’inizio della terza decade di Febbraio: per questo il gelo potrebbe nuovamente accentuarsi su queste zone.
Nemmeno la Madden Julian Oscillation (MJO) sembra sfavorire ipotesi di nuovi raffreddamenti sul lungo periodo. Cos’è la MJO? La MJO è un indice basato sull’oscillazione periodica del tempo alle latitudini tropicali ed equatoriali, che è particolarmente attiva nel comparto indiano e Pacifico e in misura minore sul settore atlantico. In genere la MJO compie un ciclo intero (8 fasi) nel giro di 40 giorni. Si considera tale indice per l’effetto che le zone tropicali ed equatoriali interessate da elevata convezione possono avere sul tempo dell’intero Globo e quindi sulla modulazione delle onde di Rossby delle medie latitudini. A seconda delle varie intensità di questa convezione si hanno modifiche della Cella di Hadley con un meccanismo tale che va a rinforzare o meno gli HP (alte pressioni) dinamici a più alte latitudini.
Sulla mappa in basso notiamo l’indice in fase 8, che sembra aver bloccato la sua corsa. Le proiezioni stimate dal Centro di Calcolo indicano infatti un ritorno indietro alle fasi 7,6 per poi riprocedere in senso regolare. Certo, la fase 7-8 della Madden Julian Oscillation è tale da poter favorire, in caso di congiunture complessivamente favorevoli, ingerenze di correnti polari marittime o artico marittime verso l’Italia se gli anticicloni si elevassero in Atlantico.